martedì 16 maggio 2023
Consegnate a Roma alle sedi diplomatiche ucraine, russe e bielorusse le 50mila firme raccolte in Europa dalle ong aderenti alla mobilitazione della #ObjectWarCampaign. Ieri alla Commissione europea
Gli attivisti davanti all'ambasciata bielorussa

Gli attivisti davanti all'ambasciata bielorussa - Foto Movimento Nonviolento

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Obiettare all'arruolamento per non andare in guerra ad uccidere è un diritto sancito dall'articolo 18 della Convenzione Universale dei diritti dell'Uomo, che si applica anche in tempo di guerra. Un diritto oggi non riconosciuto - o inapplicato dove è previsto - in Ucraina come in Russia e Bielorussia. E anche l'Unione europea di fatto non lo riconosce quando si tratta di concedere asilo ai rifugiati dai tre paesi in guerra, che scappano per evitare il carcere per diserzione o renitenza alla leva. Per questo la campagna internazionale #ObjectWarCampaign in Europa ha raccolto dal 21 settembre scorso quasi 50mila firme che sono state consegnate dai promotori alle sedi diplomatiche di Mosca, Kiev e Minsk in Italia. Poi in conferenza stampa al Senato, nella sala Nassiriya, hanno spiegato le ragioni della mobilitazione.

Spiega Zaira Zafarana del Fellowship of Reconciliation (Ifor), tra le organizzazioni promotrici della campagna: «Ieri, 15 maggio, in occasione della giornata internazionale per l'obiezione di coscienza, abbiamo consegnato le nostre firme alla Commissione europea affinché l'Ue rispetti l'obbligo di dare protezione e asilo a obiettori e disertori. Oggi invece consegniamo il nostro appello alle ambasciate di Russia, Ucraina e Bielorussia affinché non sia più discriminato chi rifiuta di combattere».

Il manifesto della campagna

Il manifesto della campagna - Foto Movimento Nonviolento

La Campagna è stata lanciata da Ifor insieme a War Resisters' International, European Bureau for Conscientious Objection (Ebco) e Connection e.V., e in Italia è sostenuta da Giuristi Democratici, Movimento Internazionale della Riconciliazione, Un Ponte Per, Movimento Nonviolento, Pax Christi, Pressenza, Centro Studi Sereno Regis, Cnesc (Conferenza nazionale enti servizio civile) e Caritas italiana. I rappresentanti di queste ultime associazioni hanno aderito all'atto simbolico, recandosi alle tre sedi diplomatiche a Roma, distanti un quarto d'ora a piedi l'una dall'altra.

In tutte e tre le sedi i militari dell'Esercito italiano a presidio degli edifici hanno accettato di contattare le autorità diplomatiche e farsi portavoce della consegna di una busta, contenente copia dell'appello. L'ambasciata russa ha autorizzato la delegazione ad inserire il documento nella cassetta postale. All'ambasciata ucraina un funzionario in abiti militari è uscito per accettare il plico personalmente. Solo quella bielorussa ha permesso ai rappresentanti di varcare il portone della sede per consegnare la lettera ai funzionari. I delegati hanno esposto bandiere della pace e le cartoline indirizzata ai tre Paesi. Al governo di Mosca è indirizzata la richiesta di «fermare la guerra di aggressione» e «liberare i militari detenuti».

Il presidio degli attivisti davanti all'ambasciata russa

Il presidio degli attivisti davanti all'ambasciata russa - Foto Movimento Nonviolento

Al governo di Kiev si chiede di riconoscere il diritto all'obiezione e di rilasciare Vitaly Alexeenko, cittadino ucraino condannato lo scorso 23 febbraio a un anno di carcere per essersi rifiutato di combattere. «Dopo l'aggressione russa- riferisce Zafarana- è stato sospeso il diritto all'obiezione, così chi si rifiuta di andare al fronte viene criminalizzato e processato». Quanto a Russia e Bielorussia «non riusciamo ad ottenere informazioni» dice l'attivista di Ifor: «Sappiamo però per certo che è difficile per una persona che rifiuta di arruolarsi esercitare il proprio diritto all'obiezione». In Russia in particolare, «il problema principale è che manca a livello giuridico una forma di sevizio civile alternativo. Mesi fa, la Corte costituzionale russa ha anche riconosciuto il diritto a rifiutare le armi per ragioni di coscienza».

Tanti russi, bielorussi e ucraini che non vogliono imbracciare il fucile cercano di lasciare il Paese: «I russi fuggono a sud, verso Kazakistan, Azerbaigian o Georgia, paesi in cui a un cittadino russo non è richiesto il visto d'ingresso, come invece accade nei Paesi Ue. Ma il governo russo può ottenere l'estradizione di queste persone, quindi costrette a cercare asilo in Ue». Ma come per russi, ucraini e bielorussi "l'asilo in Europa è complesso. Molto spesso non dichiarano di essere obiettori perché esiste uno stigma contro di loro. Eppure esercitano il diritto alla vita sancito dalla Convenzione di Ginevra. La nostra Campagna sensibilizza su questo tema".

La conferenza nella Sala Nassiriya al Senato

La conferenza nella Sala Nassiriya al Senato - Foto Movimento Nonviolento

Un lavoro che Un Ponte Per conduce anche in Ucraina, come dice il fondatore dell'ong, Fabio Alberti: «All'interno dell'Ucraina sosteniamo le associazioni che curano la difesa delle persone a processo per aver rifiutato di andare a combattere. Il prossimo 25 maggio la Corte suprema rivedrà il caso di Alexeenko e auspichiamo nel suo rilascio: sarebbe un passo importante soprattutto per gli altri ucraini sotto processo, di cui non si hanno stime esatte ma dovrebbero essere qualche centinaio», conclude Alberti.

La campagna #ObjectWarCampaign esorta infine le autorità europee ad adottare le stesse misure di protezione che scattarono per obiettori e disertori all'epoca della guerra nell'ex-Jugoslavia, nonché a tener fede all'impegno assunto dal Parlamento europeo almeno per quelli di nazionalità russa e bielorussa, contenuto in una risoluzione adottata il 16 febbraio scorso, a ridosso del primo anno dall'inizio delle ostilità.

Il sit-in all'ambasciata ucraina

Il sit-in all'ambasciata ucraina - Foto Movimento Nonviolento

Un mese fa il presidente russo Putin ha chiesto un giro di vite sulle normative per l'arruolamento: il decreto è entrato in vigore con effetto immediato. D'ora in avanti le cartoline precetto non dovranno più essere consegnate di persona, ma potranno essere inviate elettronicamente e i coscritti registrati online non potranno più lasciare la Russia fino a quando non si presenteranno davanti alle commissioni reclutatrici. Molti russi sono sfuggiti alla leva abbandonando la loro residenza, cosicché l'avviso, valido solo in forma di lettera, non poteva essere consegnato. Una scappatoia ora impossibile. Chi non si presenta al commissariato militare entro 20 giorni dalla convocazione dovrà anche fare i conti anche con drastiche restrizioni nella vita di tutti i giorni: ad esempio, agli obiettori di coscienza non sarà più consentito guidare un'auto o acquistare immobili.






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