
Gezim Smoqi con l'équipe del Centro clinico Nemo - .
Donare le proprie ferie al collega colpito dalla Sla, la sclerosi laterale amiotrofica, per permettergli di continuare le cure e salvaguardargli l’integrità dello stipendio. È una Pasqua davvero solidale quella scelta dai dipendenti di una fabbrica di legno, XLam Dolomiti, a Castelnuovo, in provincia di Trento che hanno usato la “banca ore solidale” uno strumento che consente di rinunciare ai permessi e le ore non utilizzate per metterle a disposizione di chi invece le ha terminate, purtroppo, perché è una persona fragile o deve assistere un familiare in difficoltà. Come in un gioco di squadra il sindacato Feneal Uil ha contattato l’azienda, questa ha dato il via libera all’accordo e lui, Gezim Smoqi, operaio di origini albanesi, colpito dalla malattia, ha potuto proseguire le sue cure presso il Centro Clinico NeMO di Trento dove oggi si trova ricoverato. Ogni lavoratore ha deciso quanto dare e se dare. Nessuno ha imposto niente.
«Avete scelto di restare accanto, quando la malattia tende a isolare e avete dimostrato che il lavoro può essere anche luogo di cura e di comunità» ha scritto in una lettera aperta ai lavoratori della XLam Dolomiti, Fulvia Massimelli, presidente dell’Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica che da quarant’anni assiste le persone colpite da Sla, malattia che nel nostro Paese ha attaccato circa 6mila persone. Ma è lo stesso Gezim, che come operaio dentro i cancelli di quella fabbrica ha trascorso anni della sua vita, a raccontare quanto sia rimasto colpito dal gesto dei suoi colleghi. «Se sono qui, è merito loro: mi hanno concesso il tempo necessario per concentrarmi su questo nuovo percorso che la malattia impone a me e alla mia famiglia. La Sla porta via tanto ma mi ha anche permesso di riscoprire il valore profondo delle relazioni umane. Non solo attraverso il supporto dell’azienda, ma anche grazie agli operatori sanitari che ho incontrato qui».
E Riccardo Zuccarino, direttore della clinica che lo ha in cura sottolinea: «L’esperienza di Gezim esprime in modo straordinario il significato più autentico di quello che per noi clinici è il percorso di riabilitazione per una persona con Sla e malattia neuromuscolare: riabilitazione intesa non solo come recupero fisico ma in quanto recupero di un proprio ruolo sociale. C’è bisogno di rete, di vicinanza, di relazioni, dove l’incontro diventa luogo ed esperienza stessa di cura».
A permettere tutto ciò è stata la “banca ore solidale” strumento introdotto nel nostro Paese nel 2015 con un decreto attuativo al Jobs Act e che è stato maggiormente conosciuto durante il Covid quando molte aziende si sono attivate per creare dei fondi collettivi di ferie solidali per evitare che il blocco delle attività avesse un impatto sulle buste paga dei lavoratori. In pratica il lavoratore che ha terminato i suoi permessi grazie a questo strumento può avere “lo stipendio pieno” grazie alla solidarietà dei colleghi e le stesse aziende non devono ricorrere agli ammortizzatori sociali, o ricorrervi parzialmente.
«Ci siamo subito attivati dopo un’assemblea sindacale proponendo all’azienda questo sistema» spiega Matteo Salvetti, segretario di Feneal Uil Trentino Alto Adige Südtirol «La risposta non solo è stata positiva ma nell’accordo ha donato al dipendente 20 giorni ulteriori di ferie. Tutto questo testimonia come il principio di solidarietà sia ancora forte tra gli operai e la forza lavoro». Al punto che lo stesso direttore dell’azienda, Donato Fanti parla di «grande orgoglio» per l’attivazione ufficiale della banca ore solidale. «È stata data concretezza a questo importante progetto per dare un segnale di vicinanza a tutti i lavoratori. Crediamo fermamente che un’azienda debba essere anche una comunità capace di sostenersi nei momenti più difficili».
Per una volta tutte le parti in causa sembrano parlare lo stesso linguaggio. Forse perché come ci dice la presidente di Aisla «viviamo in un tempo che spesso sembra esaltare la competizione e l’individualismo. Eppure, la storia di Gezim ci racconta che un altro modo di stare insieme è possibile. Ci dice che la solidarietà non è retorica, ma una scelta concreta e quotidiana. Che un’impresa può essere anche una comunità. Che il lavoro può farsi carezza». E che, per una volta, la solidarietà e la vicinanza umana possono andare a braccetto con la produttività e le performance.