lunedì 22 luglio 2013
​Il presidente del Senato, intervistato da Avvenire, è d'accordo: «I cittadini dell'isola meritano il riconoscimento. Da anni, silenziosamente, ci indicano la strada dell’accoglienza», dice la seconda carica dello Stato: «In ufficio conservo un crocifisso fatto col legno dei barconi affondati».
LE STORIE «Questi bimbi, sfiniti e affamati, li sentiamo un po' nostri»
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«I cittadini di Lampedusa se lo meritano...». Non ha dubbi, il presidente del Senato Pietro Grasso: candidare al premio Nobel per la pace l’isola siciliana, vera "porta" europea di civiltà e d’accoglienza per le migliaia di uomini, donne e bambini che arrivano dal mare, è giusto e doveroso.Dunque, lei sarebbe disponibile a impegnarsi per una candidatura di Lampedusa e dei suoi abitanti?Certo, i cittadini di Lampedusa se lo meritano. Da anni, silenziosamente, ci stanno indicando la strada dell’accoglienza, dell’integrazione e della solidarietà. Nei terribili mesi della crisi con la Libia del 2011, una piccola isola come Lampedusa è arrivata a ospitare più di 100mila migranti. I lampedusani mi hanno raccontato molte piccole vicende quotidiane, commoventi, di famiglie che hanno aperto le porte, le dispense, che hanno diviso coperte e vestiti. Uno di loro mi disse: «Sa, quando finalmente l’emergenza è passata un po’ ci sono mancati. Per alcuni giorni abbiamo vissuto davvero in una dimensione diversa, in una grande comunità. Spero abbiano trovato fortuna da qualche parte». La candidatura al Nobel per la pace sarebbe un segnale di riconoscenza del nostro Paese nei confronti di questi cittadini che hanno visto sconvolta la loro vita, un sistema che viveva soprattutto di turismo - Lampedusa è meravigliosa, non solo per il mare - e che ora è costretto a confrontarsi tutti i giorni con il dolore, le speranze tradite, le vite spezzate di chi si imbarca su una "carretta del mare": un viaggio della speranza che diventa spesso un viaggio di morte a opera di trafficanti di esseri umani senza scrupoli, legati alla criminalità organizzata di cui, nella precedente funzione di magistrato, mi sono occupato spesso.Pensa che in Parlamento questa candidatura possa avere il consenso di tutti?Pochi giorni fa, in Senato, per tutto il pomeriggio si è dibattuto sui temi del razzismo e dell’integrazione. E molti interventi hanno voluto sottolineare come il nostro Paese sia già molto più avanti di quanto a volte non si creda. Soprattutto dopo le recenti polemiche su questi argomenti e viste le reazioni davvero indignate di migliaia di cittadini, credo che la candidatura di Lampedusa non possa che trovare tutti d’accordo. Da parte mia posso dire che uno dei primi regali che ho ricevuto da Presidente del Senato, e che si trova da quel giorno nel mio ufficio di Palazzo Madama come monito quotidiano, è un crocifisso realizzato con il legno delle imbarcazioni affondate nel tragitto verso Lampedusa. Quindi assicuro l’impegno, nell’ambito delle mie facoltà, a fare di tutto perché questo avvenga.Papa Francesco, nel suo recente viaggio nell’isola, ha indicato a tutti l’accoglienza come un dovere dell’uomo. Ritiene che il nostro Paese abbia fatto o stia facendo abbastanza per gli immigrati?Le parole di Papa Francesco mi hanno molto colpito. Sono state un richiamo etico e morale per tutti i cittadini e per la classe politica del nostro Paese e dell’Europa. Ci indicano la responsabilità e il dovere di cambiare atteggiamenti e certe decisioni per evitare quella «globalizzazione dell’indifferenza», giustificata ipocritamente da una responsabilità diffusa e quindi di nessuno. Mi trovo perfettamente in linea con l’invito del Papa a superare l’indifferenza e la rassegnazione nei confronti di tutte le ingiustizie, del dolore delle vittime, di chi prende decisioni economiche che hanno un costo sociale altissimo. L’Italia si è sempre distinta per l’opera di accoglienza dei rifugiati: dobbiamo continuare su questa linea e, contemporaneamente, cercare di aiutare a risolvere i problemi di quelle parti del mondo da cui così tante persone fuggono. Allo stesso tempo, credo che questo governo prenderà sul tema dell’integrazione provvedimenti importanti, anche grazie all’eccellente lavoro della ministra Cecile Kyenge.Si è sempre detto che l’immigrazione è un fenomeno europeo. Ritiene che l’Europa abbia svolto o stia svolgendo un ruolo importante?Questo è un punto delicato: più volte l’Italia, che per la posizione geografica al centro del Mediterraneo è così facilmente raggiungibile, ha chiesto invano aiuto all’Unione Europea su questo fronte. Una seria politica d’integrazione deve essere immaginata su scala europea, per questo spero che si possano presto fare importanti passi avanti. Se quella che chiamiamo la comunità europea, vuole ancora davvero essere una comunità, deve iniziare a condividere con noi la responsabilità dell’accoglienza. Può condividere con noi una sua esperienza, un ricordo personale che abbia a che fare con l’immigrazione?Ogni volta che mi sono occupato di questo tema, una cosa mi ha sempre colpito, soprattutto sul piano personale. Su ognuna di queste barche ci sono alcuni bambini, spesso anche molto piccoli, senza genitori. Famiglie che probabilmente fanno enormi sacrifici, si indebitano con i mercanti di uomini nella speranza di assicurare un futuro ai loro figli, che arrivano in Italia solo con i vestiti che hanno addosso e quasi sempre con un numero di telefono in tasca: quando va bene quello di un parente, più spesso però di qualcuno delle organizzazioni criminali che organizzano questo traffico. Se ci fermiamo a riflettere vediamo una realtà disarmante, tragica. Non possiamo non occuparcene.Il ministro per la Pubblica amministrazione, Gianpiero D’Alia, ha detto ad Avvenire che solleciterà un interessamento del governo. Lei ritiene che ciò potrebbe aiutare l’iter della candidatura?Come ho detto prima, penso che l’impegno del governo sull’immigrazione, sull’accoglienza e sull’integrazione sarà forte e determinato e per questo ritengo che l’esecutivo abbia tutti i titoli per sostenere con successo la candidatura di Lampedusa al Nobel. Allargando il discorso, come ho già spiegato in altre sedi, sono d’accordo, ad esempio, per uno ius soli temperato, o anche uno ius culturae che garantisca pieni diritti a certe semplici condizioni, in linea con i numerosi disegni di legge già depositati sia alla Camera che al Senato. Credo che anche su questo il governo si muoverà rapidamente, tenendo conto di tutte le diverse posizioni, ma con l’obiettivo di superare una legislazione che, possiamo tranquillamente ammetterlo, nel nostro Paese è ad oggi inadeguata alla realtà.
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