venerdì 30 marzo 2018
Forse mercoledì il faccia a faccia tra Salvini (Lega) e il leader pentastellato, che però tiene aperte più porte
Il presidente della Camera Roberto Fico (a sinistra) e Luigi Di Maio nell'Aula della Camera (Ansa)

Il presidente della Camera Roberto Fico (a sinistra) e Luigi Di Maio nell'Aula della Camera (Ansa)

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Si gira intorno al problema, ma non lo si risolve: M5s può digerire un accordo con il centrodestra a trazione leghista solo con l’accesso di Luigi Di Maio a Palazzo Chigi e con Berlusconi lontano dalle scene. E questi due nodi, premiership e pregiudiziale anti-Cav., ieri sera hanno fatto chiudere in negativo una giornata che, sul fronte governo, sembrava aver dato esiti positivi.

La colonna sonora del giovedì santo della politica è scritta da Danilo Toninelli e Giulia Grillo, i due capigruppo 5 stelle, che ieri hanno voluto incontrare i loro omologhi: prima i leghisti Centinaio e Giorgetti, poi le colleghe forziste Bernini e Gelmini e infine i due presidenti dei gruppi Leu, Fornaro e De Petris. In questi tre colloqui è apparso per la prima volta il nuovo programma a Cinque stelle. Dieci punti, per capitoli: il reddito di cittadinanza 'soft' (in sostanza un rafforzamento delle misure anti-povertà), il sostegno alle famiglie con figli, gli sgravi alle imprese che assumono, la deburocratizzazione, il conflitto d’interessi, l’aggressione ai grandi capitali evasi, il taglio dei costi della politica, la riduzione della pressione fiscale, la riforma dei regolamenti parlamentari, il 'superamento' della Buona scuola e della riforma Fornero. Durante la pausa pasquale i capigruppo di Fi, Lega e Leu, tutti usciti «soddisfatti » dall’incontro programmatico «in cui non si è parlato di poltrone», aspettano di ricevere via mail dagli uffici M5s le «schede tecniche». Assenti, per scelta, Pd e FdI. Ma i meloniani parteciperanno alla prossima tornata. Alla ripresa, martedì, dovrebbe esserci un nuovo round, in cui il centrodestra e il partito di Grasso portano le loro controproposte.

Un «buon metodo», è il coro unanime. Ma il metodo non fa un governo, o almeno non del tutto. E infatti in serata riemergono le note contraddizioni. Prima i capigruppo Fi fanno sapere che in ogni caso, per mettere in piedi un esecutivo, serve «un incontro tra M5s e Berlusconi», che però Di Maio non vuole concedere. Poi iniziano le solite schermaglie sulla premiership tra Di Maio e Salvini. Apre il fuoco il leader M5s: «Basta premier non eletti. Il sottoscritto è stato votato da 11 milioni di italiani». E tanto per essere chiaro con Salvini, Di Maio ricorda che gli incontri dei capigruppo hanno mostrato «convergenze da destra e da sinistra». Per sinistra si riferisce formalmente a Leu, ma anche alle minoranze dem tentate dalla ribellione alla linea-Renzi. Se Di Maio parla - è il canovaccio di questi primi giorni di legislatura - Salvini risponde: «Non saremo subalterni a nessuno. Il mio obiettivo è andare al governo col programma votato dagli italiani, dalla flat tax alla legittima difesa all’espulsione dei clandestini».

I primi accenni di intesa programmatica vengono quindi spenti dall’ombra di Berlusconi e dalla competizione per Palazzo Chigi, al punto che anche sui contenuti alla fine ci si allontana. In realtà, sin dal mattino la Lega aveva mostrato una certa insofferenza, condividendo sui social network - fatto anomalo - un’intervista del renziano Michele Anzaldi in cui invitava M5s a «vergognarsi» per i presunti passi indietro sul reddito di cittadinanza. Una presa di posizione del Carroccio che fa seguito a qualche mezza apertura, nei giorni scorsi, dello stesso Salvini. Ma in questa partita a scacchi, a una levata di scudi di una parte segue una mano tesa della parte contraente. «La flat tax? Se è costituzionale ne possiamo discutere...», apre a sorpresa Toninelli. Passi avanti e passi indietro senza soluzioni di continuità. Che servono a coprire i problemi di fondo. Anche l’ipotesi di un nome terzo per Palazzo Chigi (Giorgetti?) sarebbe stata scartata per ora da Luigi Di Maio. I due, lui e Salvini, ne riparleranno mercoledì, quando dovrebbero vedersi faccia a faccia.

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