mercoledì 5 ottobre 2016
​Così decide (a tavolino) che il Paese è in pace. A rischio 80mila migranti già entrati in Europa. La protesta delle ong: inammissibile condizionare l'assistenza finanziaria alla cooperazione sui rimpatri.
La Ue rimpatria gli afghani in cambio di aiuti
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Aiuti finanziari all’Afghanistan sì, ma in cambio della disponibilità di Kabul ad accettare rimpatri, nonostante il progressivo peggioramento della sicurezza nel paese. Ufficialmente a Bruxelles nessuno la mette così, ma lo spirito di un accordo appena siglato tra l’Ue e l’Afghanistan va in sostanza proprio in questa direzione. E non stupisce, perché il pressing per i rimpatri è uno dei pochissimi punti su cui iVentotto si trovano d’accordo quando si parla di crisi migratoria. Certo è che l’accordo, intitolato Joint way forward on migration issues between Afghanistan and EU (qualcosa come «Prossimi passi congiunti sulla migrazione tra Afghanistan e Ue»), è stato firmato, guarda caso, domenica, a due giorni dalla Conferenza internazionale sull’Afghanistan, che si chiude oggi Bruxelles, e dovrebbe portare a ripetere per i prossimi quattro anni gli impegni presi a Londra nel 2012 (16 miliardi di dollari). Secondo un documento del Servizio di azione esterna (Seae, il 'ministero degli Esteri' Ue guidato da Federica Mogherini), del marzo scorso, di cui Avvenire ha copia, «nel 2015 ci sono state 176.900 richieste di asilo (da parte di afghani nell’Ue, ndr), il doppio del 2014». Il tasso di accoglimento è aumentato dal 40% al 60%, visto il deterioramento della situazione. Resta, avverte il Seae, che «oltre 80.000 persone (afghane) potrebbero dover esser rimpatriate ». Impresa non facile, visto anche che, denuncia il Seae, «il dialogo con le autorità afghane è difficile e incostante ». L’impazienza cresce, soprattutto in Germania, meta prediletta degli afghani. E il testo dell’accordo di domenica è perentorio. «In linea con i suoi obblighi secondo il diritto internazionale – si legge – l’Afghanistan riafferma il suo impegno a riammettere i propri cittadini che abbiano fatto ingresso irregolare nell’Ue o rimangano irregolarmente nel territorio Ue». I cittadini afghani per i quali «è stato stabilito che non vi è una base legale per restare in uno stato membro Ue», potranno «scegliere di ritornare volontariamente», altrimenti «saranno rimpatriati in Afghanistan». Si fa un’eccezione per i minori non accompagnati, i quali «non saranno rimpatriati se non saranno stati rintracciati familiari o se in Afghanistan non si sarà provvisto ad adeguate disposizioni di accoglienza e cura». L’Ue punta a rimpatri massicci, nel testo si afferma che «gli stati membri Ue potranno utilizzare voli di linea o non di linea verso l’aeroporto di Kabul, o qualsiasi altro aeroporto afghano», anche con «voli congiunti che rimpatrino cittadini afghani da vari paesi Ue». Non vi è limite sul numero di voli, ma solo quello di massimo 50 rimpatriati a volo, per i primi sei mesi. L’accordo prevede inoltre misure del governo per «sensibilizzare la popolazione sui pericolo della migrazione irregolare», mentre l’Ue aiuterà Kabul a combattere contro il traffico di migranti, ieri ha inoltre firmato un altro accordo (con 200 milioni di euro) per la ricostruzione dello Stato. Una portavoce del Seae ha smentito categoricamente che vi sia un legame con gli aiuti, e il documento sottolinea che «i programmi di rimpatri e l’assistenza alla reintegrazione sono separati dall’assistenza allo sviluppo fornita all’Afghanistan». Sarà, ma lo stesso documento interno del Seae sosteneva che «la leva costituita dalla Conferenza (sull’Afghanistan, ndr) dovrebbe esser usata come incentivo positivo all’attuazione della Way Forward». E la Germania fa già chiaramente il collegamento tra disponibilità ai rimpatri e l’aiuto che annuncerà oggi il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier, per 1,7 miliardi di euro per i prossimi quattro anni. È il principio dei 'migration compact' che la Commissione Europea vuole attuare con paesi dell’Africa e del Medio Oriente. Solo che l’Afghanistan è un’altra storia, e le ong già protestano. «Sarebbe inammissibile – ha detto Horia Mosadiq di Amnesty International – condizionare l’assistenza finanziaria all’Afghanistan alla cooperazione del governo afghano sui rimpatri».
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