giovedì 6 ottobre 2022
Il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti dei disabili accoglie un ricorso e giudica del tutto inadeguate le tutele per chi si prende cura di familiari non autosufficienti. In Italia manca una legge
Familiari di persone con disabilità

Familiari di persone con disabilità - Boato

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Le famiglie con persone disabili in Italia sono discriminate. Ora lo ha certificato ufficialmente l’Onu. I cosiddetti «caregiver», cioè chi si prende cura di ragazzi o anziani non autosufficienti, infatti, non può vivere una vita "normale", esercitare a pieno i propri diritti perché «il mancato riconoscimento giuridico dello status sociale della loro figura ne pregiudica l’adeguato inserimento in un quadro normativo di tutela e assistenza». Tradotto: manca una legge che riconosca chi cura persone con disabilità, violando così «i loro diritti alla vita familiare, a vivere in modo indipendente e a uno standard di vita adeguato».

A stabilirlo è stato, il 3 ottobre scorso, il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, sulla base di un ricorso avviato nel 2017 dall’allora presidente della Confad, Maria Simona Bellini. Le misure adottate sino a oggi dallo Stato italiano in favore dei caregiver familiari sono state giudicate insufficienti e ritenute largamente inadeguate a garantire una qualità di vita accettabile. Il Comitato Onu, infatti, ha sottolineato la necessità di sostegni economici, migliore accesso alle abitazioni, attenzione al mantenimento dell’unità del nucleo familiare, servizi di assistenza economicamente accessibili, regime fiscale agevolato, orario di lavoro flessibile, fino al riconoscimento dello status specifico di caregiver familiare all’interno del sistema pensionistico. Tutele oggi del tutto insufficienti quando non inesistenti nel nostro Paese, in cui una proposta di legge che avrebbe introdotto agevolazioni specifiche per i caregiver nella legislatura appena conclusa si è arenata al Senato, senza essere approvata.

Lo stesso Comitato Onu esorta quindi l'Italia a fornire un adeguato compenso alla cittadina ricorrente (che si prende cura di una figlia e del marito con disabilità), ad adottare misure appropriate per garantire che la famiglia abbia accesso a servizi di supporto individualizzati adeguati e a prevenire simili violazioni in futuro. «Questo caso rappresenta una svolta perché il Comitato ha riconosciuto la violazione del diritto al sostegno sociale di un caregiver familiare, oltre che ai diritti delle persone con disabilità», ha affermato Markus Schefer, relatore del Comitato in un comunicato. «Questo è anche il primo caso in cui il Comitato ha esaminato le denunce di "discriminazione per associazione", dato che la ricorrente è stata trattata meno favorevolmente a causa del suo ruolo di caregiver familiare di persone con disabilità».

Ora l’Italia dovrà presentare al Comitato, entro sei mesi, una risposta scritta su quali azioni intenda attuare per colmare queste gravi lacune. «Speriamo sia l’occasione perché l’Italia faccia davvero un passo avanti nel riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità – commenta Alessando Chiarini, presidente della Confad (Coordinamento nazionale delle famiglie con disabilità) –. E che diventi finalmente concreto l’impegno a dare adeguate tutele e diritti ai caregiver familiari.

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