giovedì 29 luglio 2021
Moltissimi anche gli italiani, in affitto in nero o in baracche, esclusi da sanità, sussidi e reddito di cittadinanza. Per un ricovero 10 mila euro. La campagna #DirittiInGiacenza di ActionAid
Il flash-mob di ActionAid davanti a Montecitorio per chiedere diritti essenziali anche per chi non può iscriversi all'anagrafe

Il flash-mob di ActionAid davanti a Montecitorio per chiedere diritti essenziali anche per chi non può iscriversi all'anagrafe - Foto ActionAid

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È successo a Mariza, peruviana di 38 anni che da 15 vive in Italia. La donna abita a Roma, al Quarticciolo, col marito Ramos e due figli piccoli. Dal 2016 vive in affitto, ma senza contratto, in una casa popolare fatiscente. Addetta alle pulizie, attende da tempo un alloggio popolare dignitoso. Ramos è stato ricoverato per Covid al San Giovanni, mentre il rinnovo del permesso di soggiorno si arenava in Questura.

«I medici hanno detto che il Covid ha svegliato una malattia che aveva già da giovane – racconta Mariza – ed è stato in ospedale dieci giorni. I dottori mi hanno detto che senza il medico di famiglia il trattamento costava mille euro al giorno. Ma 10mila euro io dove li prendo?». Grazie al Comitato di quartiere Mariza è riuscita ad ottenere il tesserino per "Stranieri Temporaneamente Presenti (STP)" che ha permesso a Ramos di essere curato in ospedale. Ma ancora aspetta la registrazione come “senza dimora” all’anagrafe.

È successo – e continua a succedere – a chi vive senza residenza, condizione che crea problemi enormi ad un numero molto alto di stranieri e di italiani. Come ad Adjoa – la chiameremo così – giovane senegalese di Napoli. Rientrata in Italia da un soggiorno in patria, ha trovato sprangata la casa dove abitava da cinque anni. Il proprietario dice che non pagava l’affitto, Adjoa risponde che non è vero, ma non può dimostrarlo perché ricevute non ne ha mai avute. L’avvocato di Adjoa ha fatto un esposto, i carabinieri dicono che non può perché non c’è un contratto d’affitto.

Dice Pierre, presidente di un’associazione senegalese a Napoli: «Spesso i proprietari non fanno il contratto per non pagare le tasse. O prendi o lasci. Tanto troveranno sempre qualcuno. I ragazzi sono costretti a dichiarare la residenza dove non vivono, o la comprano da intermediari italiani o stranieri». Niente residenza, insomma, niente diritti. È questa la realtà drammatica – diffusa ma poco nota – di decine di migliaia di persone in Italia.

Una condizione che ActionAid sta denunciando con la campagna #DirittiInGiacenza: «Solo chi è iscritto nei registri anagrafici è “visibile” dal punto di vista amministrativo e, quindi, è parte della popolazione per la quale le istituzioni pensano le politiche e erogano la spesa sociale», spiega Katia Scannavini, vicesegretaria generale di ActionAid. Fantasmi, dunque. Niente medico, niente ospedale, niente vaccini. Niente riduzioni per la mensa scolastica e i bonus libri per i figli. Niente reddito di cittadinanza, pensato proprio per i più fragili. Niente assistenza sociale né rinnovo del permesso di soggiorno. Se italiani, neanche il diritto di voto. Quanti sono? Oltre 300mila solo gli stranieri, secondo l’Ismu.

ActionAid ha condotto un sondaggio su 23 associazioni impegnate nella tutela dei diritti di migranti e senza dimora. Per il 48% sono gli stranieri i più colpiti perché vivono spesso in alloggi ritenuti – illegittimamente – non idonei per l’iscrizione anagrafica: appartamenti o stanze in affitto non registrato, case con molte persone, baracche. In molti uffici anagrafici poi il personale non è adeguatamente formato, sulla normativa e sul dialogo interculturale. A Nord come al Centro. Al Sud poi tra i braccianti agricoli se non ci sono Ong e sindacati non c’è nessuna forma di sostegno e orientamento legale.

Perché si viene esclusi dall’anagrafe? L’articolo 43 del Codice civile stabilisce che «la residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale». Una definizione chiara e semplice, dice ActionAid. Dunque non dovrebbe essere di ostacolo alla iscrizione anagrafica la natura dell’alloggio, anche se si tratta di un fabbricato privo di licenza di abitabilità, una grotta, una roulotte. Né la presenza o meno di un contratto regolare. Anche l’iscrizione fittizia all’anagrafe, dichiarandosi “senza dimora”, è difficile e umiliante: colloquio con i servizi, tempi lunghissimi. Immancabile la nascita di un "mercato delle residenze", per chi non ha altra scelta che "acquistare" la possibilità di essere registrati dove non si vive.

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