mercoledì 1 giugno 2022
Ma serve ancora una legge di indirizzo che modifichi il codice civile. I giudici: agire subito per evitare la moltiplicazione con il succedersi delle generazioni. Ma il Parlamento è lento
La Consulta: ora serve una legge anche per evitare la moltiplicazione di cognomi

La Consulta: ora serve una legge anche per evitare la moltiplicazione di cognomi - Ansa

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Non più il solo cognome automatico del padre. Da oggi si cambia: per i nuovi nati sarà possibile assegnare il doppio cognome o anche solo quello della mamma o del papà.

La rivoluzione anagrafica è il frutto della pronuncia storica con la quale la Corte costituzionale il 27 aprile scorso ha dichiarato illegittima l’automatica assegnazione del cognome paterno, mandando in soffitta un retaggio patriarcale.

L’efficacia scatta con la pubblicazione della sentenza sulla Gazzetta ufficiale, che avverrà appunto oggi. E investirà tutti i bimbi che ancora non sono stati dichiarati all’anagrafe: prenderanno il doppio cognome, nell’ordine stabilito dai genitori, o anche solo quello di uno di loro di comune accordo.

Se non ci sarà l’intesa sull’ordine dei due cognomi la questione sarà risolta dal giudice, il cui intervento è già previsto dall’ordinamento giuridico in tutti i casi di disaccordo su scelte riguardanti i figli. Tutto ciò, finchè non sarà il Parlamento a intervenire con una legge, dettando eventualmente, altri criteri, come sottolineano le motivazioni della sentenza depositate oggi.

«Ora tocca al Parlamento, andiamo avanti» è la sollecitazione che arriva subito dalla ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia Elena Bonetti. Sono diverse le proposte presentate al Senato e alla Camera. E sono soprattutto le parlamentari del Pd a spingere perchè ora si acceleri sulla legge.

Redatta da una giudice donna, Elisabetta Navarretta, la sentenza chiarisce le ragioni per le quali l’attribuzione automatica del cognome paterno, che era prevista dall’articolo 262 del Codice civile e da svariate altre norme, è in contrasto con i principi costituzionali e con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Quell’automatismo «si traduce nell’invisibilità della madre» ed è il segno di una diseguaglianza fra i genitori, che «si riverbera e si imprime sull’identità del figlio». Il cognome «collega l’individuo alla formazione sociale che lo accoglie » e «si radica nella sua identità familiare», perciò deve «rispecchiare e rispettare l’eguaglianza e la pari dignità dei genitori».

Lo stesso, eventuale, accordo fra i genitori per attribuire un solo cognome presuppone una regola che ripristini la parità, poiché senza eguaglianza, spiegano i giudici, mancano le condizioni per un autentico accordo.

La Corte è consapevole che il suo intervento non può bastare e torna a chiedere quello del legislatore: è «impellente» soprattutto per «impedire che l’attribuzione del cognome di entrambi i genitori comporti, nel succedersi delle generazioni, un meccanismo moltiplicatore che sarebbe lesivo della funzione identitaria del cognome», ma anche per tutelare «l’interesse del figlio a non vedersi attribuito un cognome diverso rispetto a quello di fratelli e sorelle».

I giudici indicano anche le possibili soluzioni alle due questioni aperte. L’ultimo nodo si potrebbe sciogliere rendendo la scelta del cognome attribuito al primo figlio vincolante anche per i suoi fratelli e sorelle. Quanto invece al primo problema, sarebbe opportuno - è il suggerimento della Corte- che il genitore titolare del doppio cognome ne scelga uno solo, sempre che i genitori non optino per l’attribuzione del doppio cognome di uno di loro.

«Le motivazioni della Corte Costituzionale – scrive su Twitter Laura Boldrini, deputata Pd e presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani – spiegano con estrema chiarezza perché è necessario che il Parlamento approvi una legge sul cognome materno. Sul tema ci sono proposte sia alla Camera (una a mia prima firma) che al Senato. Perché aspettare ancora? È arrivata l’ora».

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