L'arresto del boss: ora Calabria più libera 

In carcere Fazzolari, superlatitante da vent'anni. Ma l'impegno di forze dell'ordine e magistratura non basta se non c'è la collaborazione di tutti i cittadini. Antoni
June 27, 2016
L'arresto del boss: ora Calabria più libera 
«Non scappa nessuno». Ha proprio ragione il giovane investigatore calabrese che nelle prime ore di domenica così ci commentava l’arresto nella notte diErnesto Fazzalari, boss di Taurianova ricercato da venti anni, il secondo latitante più pericoloso dopo Matteo Messina Denaro. L’impegno dei magistrati e delle forze dell’ordine ancora una volta dimostra che nel destino dei mafiosi non c’è altro che il carcere, sempre che non arrivi prima una morte violenta. Quando l’impegno e la dedizione di uomini e donne dello Stato vengono sostenuti da mezzi adeguati davvero «non scappa nessuno».Anche a Taurianova dove, dicono i magistrati, «le cosche dominano e controllano il territorio zolla per zolla». Lo abbiamo già visto negli anni scorsi in Campania, con l’arresto di tutti i boss latitanti del potentissimo clan dei 'casalesi', lo stiamo vedendo ora in Calabria. Davvero «non ci sono più intoccabili» come ci ha ripetuto più volte il procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, non a caso protagonista anche della stagione degli arresti in Campania. C’è «uno Stato che non guarda in faccia a nessuno, che va avanti come una macchina», ha detto domenica il procuratore nella conferenza stampa successiva all’arresto di Fazzalari.  Ma ora «non scappi nessuno dalle sue responsabilità», come ci suggeriva sempre domenica l’imprenditore calabrese Nino De Masi, uno che le sue responsabilità se l’è prese e per questo vive da anni sotto scorta e coi soldati davanti all’azienda. Non ci sono più alibi. In Calabria lo Stato c’è, coi suoi uomini migliori. I risultati si vedono e «non scappa nessuno». Ora tocca ad altri metterci la faccia, come ha fatto Nino o altri imprenditori come Gaetano Saffioti e Rocco Mangiardi, come l’ex sindaco di Rizziconi, Nino Bartuccio o i tanti sindaci 'sotto tiro' che hanno manifestato con Avviso pubblico venerdì scorso a Polistena. Come l’assessore ai Lavori pubblici del Comune di Reggio Calabria, Angela Marcianò, alla quale è stata bruciata l’auto proprio nella notte tra sabato e domenica. Loro dicono 'no' alla ’ndrangheta, 'sì' a legalità e giustizia, per la loro libertà e per la libertà della loro terra. Non basta catturare i boss per scardinare il potere asfissiante della ’ndrangheta. Bisogna che chi sa parli, perché sono il silenzio, la paura, l’omertà, la 'grigia' complicità a proteggerla. Proteggono le latitanze, anche se alla fine anche dopo venti anni «non scappa nessuno», pur senza collaborazioni. Proteggono delitti e affari. E per questi invece serve davvero la collaborazione dei cittadini, di chi sa, di chi ha visto, di chi è stato complice anche indirettamente, di chi della ’ndrangheta è stato ed è ancora 'socio' imprenditoriale o politico. La Calabria, i calabresi onesti e puliti hanno diritto di sapere la verità, a partire dai familiari delle vittime della ’ndrangheta, come Francesco Inzitari, Gianluca Congiusta,Vincenzo Grasso, Massimiliano Carbone, Giuseppe Tizian, Demetrio Quattrone e tanti altri. «I cittadini oggi possono collaborare perché nello Stato hanno magistrati e appartenenti alle forze dell’ordine che sono dalla loro parte e sono pronti ad andare contro chiunque», assicura il procuratore. Non sempre è stato così, ma oggi lo Stato c’è. Ora ci siano i cittadini, senza scappare dalle proprie responsabilità. Ma tutti. Serve davvero «una corresponsabilità», come ha detto venerdì scorso proprio in Calabria, don Luigi Ciotti. Se nel passato le istituzioni nazionali non hanno sempre espresso il meglio in Calabria, oggi non è così, sicuramente nel contrasto alle ’ndrine. Certo molto c’è ancora da fare in altri settori, dai trasporti ai rifiuti, dalla sanità a realistici programmi di sviluppo. Lo Stato promuova, investa e controlli cosa si fa e come si spende. Ma tocca soprattutto alle istituzioni calabresi, regionali e locali. Liberate dal peso della ’ndrangheta, da quelli che sembravano intoccabili, non può più accampare scuse. Tanti cittadini sono pronti a collaborare. C’è una bella Calabria, come quella, che abbiamo raccontato domenica, che a Reggio Calabria accoglie in modo esemplare i migranti, volontari e istituzioni insieme. Tanti giovani che sanno e vogliono fare. E vorrebbero restare per cambiare. Non fateli scappare dalla Calabria. Altrimenti la ’ndrangheta sconfitta, avrebbe ugualmente vinto. Da domenica la Calabria è più libera, ma la partita è ancora lunga e difficile.

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