venerdì 23 aprile 2021
Bombardieri: le associazioni di categoria possono svolgere un ruolo importante in questo risveglio delle coscienze, perché possono percepire immediatamente i segnali di criticità
Un momento di un’operazione contro le ’ndrine della Guardia di Finanza

Un momento di un’operazione contro le ’ndrine della Guardia di Finanza - Ansa

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«È necessario che gli imprenditori reagiscano alle estorsioni in maniera diversa. La situazione attuale, anche per le operazioni giudiziarie e la maturità acquisita dalla società civile, consente agli imprenditori di assumere un ruolo di denuncia ». È l’appello del procuratore di Raggio Calabria, Giovanni Bombardieri dopo alcuni importanti operazioni che hanno confermato «l’asfissiante attività estorsiva delle cosche di ’ndrangheta », ma anche la non sufficiente collaborazione degli imprenditori. «Un imprenditore da solo che denuncia è un obiettivo – avverte il procuratore –, cento diventano un martello contro la criminalità organizzata. Qualche imprenditore ha denunciato e ci ha consentito di intervenire, ma devono comprendere che è una scelta obbligata, che nasce anche dal pericolo di venire risucchiati in un coinvolgimento criminale».

In che senso, procuratore?
Pagare il pizzo per aprire un esercizio commerciale in un territorio in cui ad altri non sarà più consentito farlo liberamente, perché c’è già un imprenditore 'di riferimento' di quella cosca, significa beneficiare di un inquinamento della libera concorrenza. E alla fine non si è più un imprenditore solamente vittima della criminalità.

Si passa da vittima a colluso?
Ci si avvantaggia. L’esperienza giudiziaria ci dice che se, ad esempio, nella zona di Santa Caterina di Reggio Calabria opera una ditta che è vicina, perché paga il pizzo, alla cosca di quel-l’area, gli altri se provano aprire un esercizio commerciale di pari natura nella stessa zona, saranno minacciati. Si acquisisce una sorta di esclusiva che fa passare da vittima a beneficiario di quell’attenzione mafiosa. Così spesso l’impresa che viene inizialmente taglieggiata, finisce col diventare referente di quella cosca. Abbiamo avuto degli esempi in cui la cosca, quando questa impresa 'protetta' andava a lavorare in altre zone, controllate da un’altra 'famiglia', patteggiava per loro la determinazione del pizzo da pagare. Addirittura andavano a dire 'non ti preoccupare, ci penso io'.

Una sorta di raccomandazione mafiosa?
Una contrattazioneche non avviene più tra il soggetto taglieg- giato e l’estortore, ma tra soggetti parimenti criminali.

Se gli imprenditori denunciano poco non è anche responsabilità delle associazioni di categoria?
Possono svolgere un ruolo importante in questo risveglio delle coscienze, perché possono percepire immediatamente i segnali di criticità delle imprese associate, e farsi portatori degli interessi di queste ambiente.

E ancora non lo vedete?
Vediamo un’assunzione di impegni da parte delle associazioni di categoria, però come dato di ritorno non abbiamo quello che ci aspetteremmo.

Voi magistrati dite sempre che è in ballo la libertà degli stessi imprenditori.
Sicuramente. Chi inizia a pagare il pizzo perde la libera determinazione delle proprie scelte imprenditoriali che non potranno mai essere in contrasto con le logiche criminali delle cosche. Si rischia di far finire la propria azienda in mano a questi soggetti.

Nelle ultime inchieste emergono sempre di più figure di professionisti legati alle cosche.
Sicuramente l’evoluzione del mercato e le nuove forme di investimenti, richiedono competenze sempre più specializzate e questo comporta la necessità di rivolgersi a professionisti che possano prestare la propria attività al servizio degli interessi delle cosche. Per questo è necessario un maggiore impegno da parte degli ordini professionali.

Professionisti che non si limitano ad essere 'a busta paga'.
Alcune volte, proprio per le loro competenze, gestiscono direttamente gli affari e organizzano quel tipo di business. E nel relazionarsi con realtà criminali di questa natura evidentemente non possono che finire per rimanere coinvolti appieno nell’organizzazione.

Giovanni Bombardieri

Giovanni Bombardieri - Ansa

Tutto questo diventa ancor più preoccupante in una fase del Paese in cui sono previsti tantissimi investimenti che sicuramente fanno gola alle mafie.
Certamente c’è questo pericolo. L’esperienza ci insegna che dove ci sono i soldi, ci sono gli interessi e gli appetiti della criminalità organizzata. L’importante è tenere alta l’attenzione per monitorare questi flussi di finanziamento.

Nel frattempo, malgrado pandemia e lockdown, il traffico di sostanze stupefacenti non sembra essersi ridotto.
Negli ultimi anni, e nell’ultimo in particolare, c’è stato un aumento ingentissimo dei sequestri di stupefacenti nel porto di Gioia Tauro che si conferma di gran lunga il principale porto italiano di accesso, in particolare della cocaina. Dal porto negli anni passati, ad eccezione del 2018, faceva ingresso oltre l’80% dello stupefacente che arriva via nave. Nel 2020 queste percentuali sono aumentate e sono stati sequestrati quantitativi che nulla hanno a che vedere col passato, di gran lunga superiori.

È la dimostrazione che la cocaina è sempre l’affare principale per la ’ndrangheta.
È il suo core business.

Con una disponibilità così ampia di denaro può condizionare anche l’economia legale.
Certo. Tenga conto anche delle nuove modalità come la criptovaluta che permette ai flussi finanziari di essere sempre più occultati. La ’ndrangheta non si limita più ad investire, come faceva una volta, nella ristorazione e negli immobili.

Lo dimostrano le inchieste sugli investimenti della ’ndrangheta nelle scommesse online.
Dice bene. Sono fenomeni criminali che consentono arricchimento illegale e trasferimenti di capitali con meno rischio. I flussi finanziari che vengono accertati attraverso le scommesse presentano rischi di gran lunga inferiori rispetto al traffico di droga. E consentono, come detto, un arricchimento notevole.

E dimostrano che la ’ndrangheta è sempre un passo avanti.
Esatto. Già nel 2016 alcuni ’ndranghetisti parlavano di come pagare in criptovaluta la cocaina e si lamentavano che i sudamericani non l’accettavano e volevano solo il contante.

Ma qualche bella botta l’avete inferta.
Riusciamo a stargli dietro. La necessità è quella della sistematicità del contrasto. Non colpire e poi abbandonare quel territorio. Serve una continuità che consenta di dare un respiro a quei territori e creare i presupposti per uno sviluppo legale.

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