giovedì 31 marzo 2016
Il pasticcio delle adozioni in Congo: sette domande al governo
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Premessa indispensabile. Speriamo con tutto il cuore che il caso Congo si risolva in tempi brevissimi e che le oltre cento famiglie che attendono di abbracciare i loro figli possano al più presto cominciare una nuova vita insieme ai loro piccoli, dopo le sofferenze, le attese angoscianti, le vessazioni psicologiche subite in questi anni. Ma, allo stesso tempo, non possiamo evitare di porci una serie di domande. Interrogativi che questa nuova emergenza adozioni ha di nuovo sollevato e reso in qualche modo ancora più urgenti. Tentiamo di metterli in fila, non tanto perché speriamo che qualcuno possa fornire risposte esaurienti, ma perché siamo convinti che l’emergenza adozioni vissuta nel nostro Paese dipenda proprio dall’incapacità – o dalla non volontà – di affrontare in modo costruttivo questi ed altri problemi. 1) La Cai (Commissione per le adozioni internazionali), di cui è vicepresidente dal 30 aprile 2014 (e poi ha ricevuto delega per la presidenza) il magistrato Silvia Della Monica, si è riunita una sola volta, nel giugno 2014. La successiva riunione attende ancora di essere convocata. Nessuno ha mai spiegato i motivi di questo immobilismo. Davvero non c’è stato tempo di convocare un’altra riunione? 2) La legge spiega che la vicepresidente può comunque assumere provvedimenti d’urgenza, ma che le sue decisioni devono poi essere ratificate dalla Commissione, che è un organo collegiale. Chi ha ratificato le decisioni in questi due anni? E, in assenza di ratifica, le sue decisioni sono legittime? 3) La Cai è sempre stata presieduta da un ministro (l’ultima era stata Cecile Kyenge) ma Renzi ha subito spiegato di voler tenere per sé la delega, salvo poi comunicare di aver affidato la competenza alla stessa vicepresidente che, da due anni si trova così a rivestire il ruolo tecnico (operativo) e quello politico (di controllo). Le numerose interpellanze parlamentari sul caso hanno sottolineato che si tratta di una scelta «in evidente contrasto con il riparto delle competenze previsto dalla normativa vigente». Ma tutto è rimasto senza conseguenze. Svista? Fiducia illimitata nelle qualità della dottoressa Della Monica? O che altro? 4) In questi tre anni il numero delle adozioni internazionali è crollato. Da oltre 4mila adozioni nel 2010, siamo ormai sotto quota duemila. Ma si tratta soltanto di stime perché  da due anni la Cai non comunica più alcun dato. Una strategia incomprensibile. A chi serve tenere nascosta la verità? 5) In una delle pochissime dichiarazioni rilasciate a inizio mandato, la vicepresidente aveva annunciato la volontà di far chiarezza sui costi delle adozioni e di verificare l’operato dei 62 enti autorizzati. Cosa è stato fatto di questi obiettivi? 6) Una delle strategie per incrementare il numero delle adozioni internazionali, potrebbe essere quella di accrescere il numero degli accordi bilaterali. Ma in questi due anni i Paesi con cui l’Italia intrattiene rapporti non sono aumentati, ma diminuiti. Come mai? Solo sfavorevoli congiunture internazionali? 7) All’inizio di marzo, parlando con un’emittente radiofonica toscana, la dottoressa Della Monica ha spiegato che alcune coppie italiane sarebbero state convinte a «comperare bambini da famiglie povere» in Paesi extraeuropei. Un’accusa gravissima non specificata però in altro modo. Come autorità di vigilanza ha comunicato questo dubbio all’autorità giudiziaria, circostanziando le sue preoccupazioni? Alla vicepresidente Cai risulta per caso che in questi traffici siano stati coinvolti anche enti autorizzati?
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