domenica 30 agosto 2020
Premier alla larga dai dossier scottanti. L'ex governatore Bce profilo più per il Colle che per Palazzo Chigi. Mes a ottobre se i conti ballano. Legge elettorale, Renzi sblocca voto in Commissione
Conte sceglie il «silenzio operoso»: lavora ai fondi Ue e non teme Draghi

Ansa

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Tirato per i capelli, la sua sul referendum Giuseppe Conte l'ha detta il 9 agosto. Da allora, per precisa scelta, si è tenuto sempre lontano dall'intervenire su questo come su altri temi "rognosi". Lo stesso dicasi per le Regionali, dopo il suo tentativo - andato a vuoto - di sollecitare candidature comuni della maggioranza. Assordante anche il silenzio del premier sul caso Sicilia e sulla scuola, né Lamorgese, né Azzolina hanno beneficiato di pubbliche prese di posizione in loro difesa.

Alla ripresa dell'attività politica, col Parlamento che riapre, quella di Conte è una precisa strategia: superare senza particolare danni le prossime tre settimane, concentrandosi sui temi ai quali è legato gran parte del suo futuro politico. Innanzitutto c'è da andare in Parlamento per la conversione del contestato decreto che proroga l'emergenza al 15 ottobre. C'è poi da avviare i correttivi chiesti a gran voce dal Pd per tacitare i vistosi malumori interni: legge elettorale e ridisegno dei collegi al Senato a tutela della rappresentanza dei partiti minori, delle piccole comunità. Temi non di competenza del governo, ma che certo vanno a incidere sulla tenuta della maggioranza alle prese con il doppio appuntamento elettorale che mette gravemente a rischio il suo futuro.

Se il premier tace, nella maggioranza il più ciarliero - ritenendosi detentore della "golden share" - è Matteo Renzi. L'idea di indebolire il M5s attraverso il referendum non gli è estranea, e infatti lascia libertà di voto ai suoi: «Ridurre il numero dei parlamentari e lasciare il bicameralismo perfetto fa ridere», dice il leader di Iv dalla Toscana. Continua a dire ogni male possibile di un'alleanza strategica col M5s. Ma di legge elettorale non parla, e appare ormai chiaro che Renzi lascerà partire l'attuale testo base (proporzionale puro con sbarramento al 5) con una benevola astensione in Commissione, onde arrivare senza morti e feriti oltre il voto del 20 e 21 settembre. Poi si vedrà.

E si vedrà per tante cose. Il 15 ottobre scade il termine per la presentazione dei progetti volti a sbloccare la prima tranche, del 10 per cento, di aiuti del Recovery Fund. Il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri ha annunciato, a Rimini, che l'esecutivo ne ha già pronti ben 534, ma ci sarà da mettere ordine fra di essi, ci sarà da co-gestire la pianificazione con le Regioni, nello spirito di «leale collaborazione» sempre invocato da Mattarella. E ci sarà, soprattutto (come ha avvertito sempre al Meeting il commissario Ue agli Affari economici Paolo Gentiloni) da convincere l'Europa, che non darà il via libera a interventi assistenziali a pioggia, senza un'indicazione strategica di priorità.

Il "poi si vedrà" riguarda pure il Mes. Nel Pd sono convinti che se il referendum passerà, il M5s finirà per cedere. Magari con una formula di compromesso proposta da Conte. Non un sì o no astratto ai 36 miliardi di prestiti agevolati stanziati dalla Ue per la sanità, ma una valutazione da fare quando l'ammontare delle esigenze in materia sarà chiaro e ci sarà un piano preciso da finanziare.

Ma è lo stesso Renzi ad avvertire che le Regionali - che in alcuni casi lo vedono correre da solo, peraltro - sono «fondamentali per la tenuta del governo». Lo spettro che si aggira è sempre quello di Mario Draghi, il cui nome viene evocato in caso di implosione della maggioranza. Ma Conte si concentra sui temi di sua pertinenza, e non sente il fiato sul collo dell'ex presidente della Bce, che peraltro non mostra interesse a entrare in gioco in questa fase. Il suo nome sarebbe quello giusto per la successione a Mattarella, in realtà. E un felice esito di questa legislatura vedrebbe tutti d'accordo. Conte, Draghi, e lo stesso Mattarella, che sarebbe ben felice di un simile cambio di testimone sul Colle: sarebbe il segno che l'Italia ce l'ha fatta.

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