giovedì 31 gennaio 2019
L'ultimo pranzo tutti insieme. Poi le lacrime, ma anche la fierezza di «avere accolto in questi anni 8mila persone»
Una bimba lascia il Cara di Castelnuovo di Porto (Ansa)

Una bimba lascia il Cara di Castelnuovo di Porto (Ansa)

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Fine. Le ultime due a partire dal Cara di Castelnuovo di Porto sono state una bimba, neanche due anni, malata, seguita dal Bambino Gesù, e sua mamma. Somale. Mentre si sbaraccava tutto. Poco prima donne e uomini della cooperativa sociale Auxilium (che gestiva questo "Centro accoglienza richiedenti asilo" alle porte della capitale) avevano voluto pranzare tutti insieme nel refettorio. L’ultima volta. Alle tre del pomeriggio sarebbero arrivati i funzionari della Prefettura di Roma per la «riconsegna dei locali».

Al termine di una giornata surreale. Fatta di abbracci nei corridoi. Di sorrisi a tavola e poi lacrime. Di paura per chi ha perso il lavoro, eppure fino alla fine si è preoccupato degli ospiti. «Porto con me l’emozione di avere visto la speranza negli occhi di persone che hanno visto la morte. Per me è un motivo di vita», dice Giulia Boselli, psicologa qui al Cara. «La giornata più triste della mia vita – spiega Seghen, a capo dell’"Ufficio mediazione culturale" del Cara – . È stato pesante. Tremendo. Perdi la famiglia. Qui lascio il mio cuore». E da domani? «Da domani siamo a casa».

È livido e freddo quest’enorme casermone. Svuotato. Ester Cavazzani è assistente sociale ed è stata madrina di battesimo di tanti bimbi nati al Cara: «Molto spesso le mamme arrivano qui senza punti di riferimento, né più alcun legame», racconta. E una piccola di cui è madrina le è rimasta più degli altri dentro nel cuore: «Francesca. La sua famiglia è nigeriana ed era arrivata qui scappando da una situazione veramente drammatica, la signora mi ha chiesto di fare la madrina proprio perché riconoscente di quanto avevamo fatto per loro». E poi quel nome: «Hanno voluto chiamarla Francesca in onore di "questo grandissimo Papa che è sempre stato al nostro fianco"».

Il tramonto scivola ancora bagnato di pioggia fin dentro le stanze e il silenzio si fa surreale. Desolato, desolante. Siamo rimasti pochi, nemmeno c’è più una macchinetta per farci il caffè. «C’è grande amarezza per le modalità con le quali questo Cara è stato sciupato – sussurra Angelo Chiorazzo, fondatore di Auxilium –. Ma rimane qualcosa di straordinario. E la gioia d’avere accolto ottomila persone. Ottomila nomi, ottomila volti».

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