giovedì 11 ottobre 2018
Bastano 20 grammi di sostanza in libera vendita e gas da accendini per ricavare il prodotto stupefacente. La denuncia di San Patrignano: così si abbassa la percezione del rischio
Cannabis, quella light non esiste

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Quindici minuti. Tanti ne bastano per ottenere, comodamente in casa, un quantitativo pari a una 'canna', con appena 20/30 grammi di prodotto grezzo acquistato negli shop appositi o in negozi di alimentazione naturale. È sufficiente poi un estrattore – acquistabile a pochi euro su internet – a gas butano (quello utilizzato per gli accendini e i fornelletti da campo) e seguire le istruzioni rintracciabili sul Web.

Altro che cannabis light: è davvero facile estrarre e concentrare il Thc (ovvero il più importante principio attivo contenuto nella canapa), ottenendo una sostanza alterante dannosa per la salute in quantitativo sufficiente per una “canna” e acquistando prodotti attualmente in vendita in maniera legale. Ma, a dimostrare che la cannabis lightcosì “leggera” non è, ci ha pensato uno studio condotto da Giovanni Serpelloni, già capo Dipartimento politiche antidroga della Presidenza del Consiglio, attualmente direttore dell’Uoc Dipendenze di Verona e collaboratore del Dp Institute dell’Università della Florida, che ha coordinato la sperimentazione effettuata negli istituti di Medicina legale delle Università di Ferrara, Parma e Verona.

Già nell’aprile scorso il Consiglio Superiore della Sanità si era espresso in merito alla pericolosità di queste sostanze: un “avvertimento” rimasto inascoltato. In Italia si calcola siano già circa 800 i negozi che legalmente vendono cannabis light. Ora la ricerca “Cannabis light extraction”, presentata a San Patrignano in occasione dei WeFree days dedicati alla prevenzione, mirava a scoprire se anche utilizzando la cannabis light fosse possibile estrarre e concentrare il principio attivo in dosi sufficienti per ottenere l’effetto stupefacente. I ricercatori hanno acquistato i prodotti negli store e con l’ausilio di un estrattore domestico con gas butano sono passati alla sperimentazione. Risultato: «Partendo da dosi di materiale grezzo che oscillavano dagli 8 ai 15 grammi, siamo giunti ad estrarre un prodotto con concentrazioni superiori allo 0,6%, limite della legalità – spiega il dottor Serpelloni –. Da calcoli successivi siamo arrivati alla conclusione che con 20-30 grammi di prodotto grezzo si può arrivare ad estrarre un concentrato resinoso di circa 25 milligrammi di principio attivo».

Non servono, dunque, chili di cannabis lightper ottenere un effetto psicoattivo. La ricerca dimostra che bastano pochi gr di prodotto attualmente legale per «creare una sostanza farmacologicamente attiva che provoca alterazioni neuropsichiche». E il prodotto ottenuto può essere fumato con tabacco, ingerito o diluito in glicole e quindi fumato con le sigarette elettroniche, come avviene da anni negli Stati Uniti, e più di recente in Italia. «Chi semina cannabisraccoglie eroina» è la sintesi al vetriolo di Antonio Tinelli, responsabile della prevenzione di San Patrignano, che attualmente accoglie 1.300 persone. «Se è vero che non tutti coloro che usano cannabis arrivano all’eroina, è altrettanto vero il contrario, – prosegue l’ex presidente di SanPa – e noi dobbiamo stare dalla parte di tutti i ragazzi a rischio».

I dati della comunità (il 98% dei ragazzi entrati a San Patrignano ha fatto uso di cannabis) dicono che i ragazzi in cerca di aiuto per uscire dalla dipendenza sono sempre più giovani, «con un aumento del 70% dei minori negli ultimi 5 anni». C’è un altro aspetto che Tinelli intende evidenziare: «Questi negozi di cannabis lightstanno abbassando la percezione del rischio». Secondo studi effettuati in Colorado e in California, la cannabis legalizzata è strettamente correlata all’aumento del suo uso e al drastico abbassamento della percezione del rischio, in un mercato, quello a stelle e strisce, dove il fatturato garantito dalla marjuana nel 2017 è quattro volte quello di McDonald. Per Paolo Ippoliti, professore di Gubbio: «La cannabis light è il perfetto cavallo di Troia per diminuire ancor più nei giovani (e nei genitori) la percezione del rischio di un problema. Ai ragazzi interessa poco il contenuto di Thc: vogliono lo sballo e sono sempre più convinti che la cannabis non faccia male».

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