sabato 13 novembre 2010
Da oggi la «porta della città» e principale scalo ferroviario del nord Italia porterà il nome della patrona degli emigranti. Per il cardinale Bertone, presente alla cerimonia, servirà a «ricordare che il vero progresso verso cui dobbiamo tendere comprende l'accoglienza».
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La parola accoglienza è stata la chiave della cerimonia con cui oggi la Stazione Centrale di Milano è stata intitolata a Santa Francesca Cabrini. Non a caso visto che la santa, nata nel 1850 a Sant'Arcangelo Lodigiano, è stata nominata nel 1950 patrona degli emigranti.È proprio per la missione che la portò ad aprire scuole ed ospedali in diversi Paesi (soprattutto negli Stati Uniti dove aiutò gli emigranti italiani, tanto da essere stata la prima santa cittadina americana) il motivo per cui il sindaco, Letizia Moratti, ha proposto che a lei fosse intitolata la Stazione, cioè «la porta di ingresso» per la città.Grandi Stazioni - ha spiegato l'ad di Fs Mario Moretti - ha subito accettato l'idea e così si è arrivati alla cerimonia di oggi per scoprire una targa e l'installazione ideata dallo studio dell'architetto Mario Botta: un tetraedro (sorta di piramide rovesciata) vuota all'interno, composta di acciaio e luce che scende a un metro dal soffitto della galleria delle Carrozze ed è visibile non solo dalla piazza davanti alla Stazione ma anche dalle vie vicine.«Dedicare a Madre Cabrini la stazione - ha spiegato il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato Vaticano che ha portato la benedizione papale - equivale a ricordare che il vero progresso verso cui dobbiamo tendere comprende l'accoglienza generosa e disinteressata». Sulla stessa linea l'arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi, che è intervenuto alla cerimonia insieme a prelati lodigiani (come monsignor Rino Fisichella) e rappresentanti delle istituzioni, fra cui il sindaco di Sant'Arcangelo Domenico Crespi. «Il suo esempio e la stele che viene inaugurata - ha sottolineato Tettamanzi - ci chiedono di non dimenticare la 'nostrà storia e di aprire cuore e braccia a coloro che arrivano da noi in cerca di speranza». Su questo, secondo l'arcivescovo, la città ha fatto tanto «ma deve continuare, non fare marcia indietro».
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