giovedì 8 novembre 2012
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Non ha dubbi Giancarlo Bregantini. L’arcivescovo di Campobasso-Boiano – che presiede la Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace – sostiene con la consueta passione la battaglia per impedire che anche la domenica finisca nell’elenco delle festività scippate alle famiglie.Quand’è che si è reso conto del rischio della banalizzazione della domenica?L’idea è nata già al congresso eucaristico di Bari del 2005. I timori sui pericoli del lavoro domenicale però si scontrarono allora contro una mentalità che diceva che era una necessità per la produzione e il commercio. Sembrava una battaglia persa in partenza. Poi, con l’arrivo della crisi, in questi ultimi due anni ci si è resi conto che non è vero che il lavoro di domenica favorisce l’economia del Paese.Dunque è solo un sacrificio inutile per le famiglie?È proprio così. Il lavoro di domenica si traduce nella triste domanda di tanti bambini: mamma, ma neanche oggi stai con me? E il giorno di riposo feriale infrasettimanale non ha senso, un mercoledì non vale come una domenica. I figli sentono che è un’ingiustizia privarli della presenza dei genitori. Ma il riposo ha un significato antropologico, è necessario per ricaricarci e darci il coraggio di guardare avanti. È l’Ora et labora declinato nella società moderna. Ma allo stesso tempo non è una battaglia confessionale.La domenica però è il giorno di festa dei cristiani...La nostra è una posizione che raccoglie una convergenza di consensi ampia, che travalica l’ambiente confessionale. Le racconto una cosa: a metà settembre stavamo preparando l’iniziativa quando ci ha voluto raggiungere il responsabile della comunità ebraica di Roma, un importante rabbino, nonostante gli impegni del capodanno ebraico in corso. Non voleva mancare per darci, a nome della sua comunità, la condivisione di questa battaglia, anche se per gli ebrei non è il giorno di festa. L’uomo ha bisogno di riposo, come ci ha insegnato la Bibbia, nel settimo giorno.L’apertura domenicale, dicono i sostenitori, è una liberalizzazione importante.La libertà da sola, se non è finalizzata a valori più alti che non siano solo economici, diventa solo capriccio. Verità e libertà, intrecciate nella carità sono il nocciolo etico della nostra proposta. Ma anche della Caritas in veritate.. Allora io credo che dobbiamo essere capaci di rinunciare al lavoro la domenica per godere del valore della gratuità. È il messaggio lanciato dal Papa al congresso mondiale delle famiglie a Milano. Se col lavoro la famiglia acquista dignità, col giorno di festa acquista gratuità. Solo così, grazie a queste due ali, può volare. Senza gratuità l’uomo resta schiacciato dal lavoro, ridotto alla dimensione economica.La mobilitazione coinvolgerà le parrocchie?Le intuizioni dei vescovi si sono legate molto bene col sostegno della base degli esercenti. E ci auguriamo che su tutti i sagrati delle chiese domenica 25 novembre si raccolgano le firme. Il sagrato ha un grande significato evocativo, è il luogo di incontro tra la comunità dei cristiani e il territorio, in pieno stile conciliare. Sarebbe bello se, in vista di questa giornata, i parroci radunassero i commercianti che vivono e lavorano nel territorio parrocchiale. Queste firme saranno un punto di arrivo e un punto di partenza.
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