
Agenzia Romano Siciliani
L’Europa deve recuperare la sua storica vocazione alla pace, investendo sulla diplomazia «a tutti i costi», non sul riarmo. E dato che pace ed Europa sono due temi cari da sempre alla Chiesa, occorre lavorare per il dialogo con tutti, «per la diplomazia paziente», al contrario la retorica del riarmo «è invece la logica dello scontro». È un grido di pace quello che arriva dai vescovi italiani, per bocca del segretario generale della Conferenza episcopale italiana, l’arcivescovo di Cagliari Giuseppe Baturi. A conclusione del Consiglio permanente, riunito da lunedì a Roma, le parole che più ricorrono nel consueto incontro con la stampa sono appunto pace ed Europa, ma anche libertà nella partecipazione alla manifestazione del 15 marzo , come pure l’impegno dei cattolici in politica.
«Il tema dell’Europa ci sta a cuore e non da oggi», l’esordio del segretario generale della Cei, ricordando i convegni sul Mediterraneo. Un tema «decisivo» tanto quanto quello della pace, perciò «le modalità di intervento possono essere le più plurali, l’importante è che sia fatto in carità», dunque «le alleanze si fanno man mano», ha sottolineato riferendosi anche alla manifestazione di piazza prevista per sabato a Roma. «Non abbiamo preso posizione, c’è una libertà legittima delle nostre organizzazioni, associazioni e singoli fedeli - ha spiegato -. Alcuni hanno aderito, altri no: fa parte del legittimo pluralismo che la Chiesa riconosce alle parti politiche, quando riguardano cose non essenziali». L’essenziale però è che il messaggio di pace arrivi lì dove in questo momento invece si sta pensando al riarmo giustificato da una guerra alle porte del Continente. «Nell’esigenza di difesa alle volte si va al di là», ha ammesso il segretario generale, ma l’Europa deve tornare a far sentire il peso della diplomazia, «la partita da fare è la pace», insomma, non la corsa alle armi. Ma in questo quadro globale innanzitutto va cambiato il linguaggio, oggi aggressivo e spesso trasformato in tamburi i guerra. «Un linguaggio con maggiore aderenza alla realtà, visto che il primo fattore di guerra è la menzogna», aggiunge monsignor Baturi, insieme al fatto che soprattutto «lo scontro di parole non aiuta la logica dell’incontro e del confronto», così come «le polarizzazioni nelle posizioni non aiutano la pace». Da qui la volontà dei vescovi italiani di rilanciare la proposta di Papa Francesco di ridurre le spese militari, destinando una parte ad un fondo mondiale specifico a favore dei più poveri e dello sviluppo sostenibile.
Pace, Europa, ma anche Italia nel dibattito di questi giorni dei vescovi, con un occhio in particolare al «segnale positivo», come lo definiscono i presuli nel documento finale, dell’impegno dei cattolici in politica. «È bello il nuovo protagonismo dei cattolici in politica, anche plurale», ha precisato monsignor Baturi, ricordando che «noi non siamo agenti politici», ma i vescovi rilanciano l’impegno per la formazione nell’ottica della Dottrina sociale della Chiesa. «La politica ha bisogno di cultura e di saper leggere gli eventi», è la precisazione di monsignor Baturi , convinto che i cattolici possano portare in politica «uno sguardo aperto della fede nella società».
Di fronte ad una nota disaffezione dei cittadini alla partecipazione alla vita politica e l’astensionismo crescente, infatti, i vescovi così «rinnovano l’invito a promuovere la partecipazione alla vita democratica attraverso le scuole di formazione all’impegno socio-politico - è il passaggio sul tema del comunicato finale - a favorire la formazione della Dottrina sociale della Chiesa; a sostenere la pastorale sociale nelle Chiese locali».