«In un’Italia sempre più anziana, in cui tra dieci anni gli ultrasessantacinquenni rappresenteranno un terzo della popolazione, l’assistenza domiciliare è il futuro». Ne è convinto il presidente Uneba, Franco Massi, che ieri ha aperto a Milano il convegno nazionale sul tema organizzato dalla sua realtà, una galassia di associazioni di categoria, enti sociosanitari e assistenziali con circa mille enti aderenti di cui 300 solo in Lombardia, in gran parte enti non profit di radice cattolica (l’Uneba fu voluta 60 anni fa dall’allora arcivescovo di Milano, Giovanbattista Montini).
«Se esaminiamo l’andamento e la quantità di servizi offerti nel settore socio-sanitario-assistenziale – ha fatto notare ancora Massi – e mi riferisco alle residenze per anziani, per disabili, ai centro diurni, ai vari istituti, l’assistenza domiciliare avrà in prospettiva l’incremento maggiore, sia perché offre una migliore qualità di vita agli assistiti, sia perché fa risparmiare le famiglie e le amministrazioni pubbliche ».
Oggi parlare di assistenza domiciliare vuol dire addentrarsi in un arcipelago con normative diverse da regione a regione, con costi variabili e qua- lità non sempre elevata. Eppure sono oltre dieci milioni le famiglie che in Italia sono costrette a confrontarsi ogni giorno con questa necessità. Ecco perché il convegno, che si concluderà oggi pomeriggio con un confronto tra i vari modelli territoriali e alcune esperienze sperimentali di assistenza, ha messo a confronto tutti gli attori del settore: Regioni, Comuni, associazioni, aziende sanitarie locali. «I nostri enti, che si occupano in gran parte di anziani – ha fatto notare ancora il presidente nazionale – devono diventare al più presto centri multiservizi e non limitarsi alla residenzialità sul territorio, migliorando allo stesso tempo qualità e efficacia. Nel futuro dovremo sempre più ricorrere alla tecnologia a domicilio, alla domotica, con tutta una serie di tecnologie che miglioreranno la nostra offerta al servizio degli anziani».
I vari interventi hanno poi messo in luce i punti deboli del settore, innanzi tutto quelli normative e quelli delle risorse. «Il nostro sforzo – ha fatto notare Luca Degani, presidente Uneba della Lombardia – va nella direzione di ipotizzare, in attuazione del piano sanitario nazionale, un sistema di tutele per il 'bene salute' che trasferisca il carico dell’assistenza dall’ospedale al domicilio. L’idea è quella di trasformare i servizi dei nostri enti diffusi sul territorio in interventi domiciliari che non dovrebbero essere solo la consegna dei pasti o l’impegno comunque importante di occuparsi di infermieristica o di fisioterapica, ma anche – ha proseguito – tutto l’adattamento domotico e tecnologico delle abitazioni e tutta quella fase, interessante anche in un’ottica di economizzazione degli interventi, che è il supporto alla gestione della parte diagnostica (telemedicina) e della parte farmaceutica».
L’obiettivo, messo in luce da vari relatori, è quello di assicurare al malato cronico una più attenta e più specifica qualità dell’assistenza domiciliare per impedire che si trasformi in malato acuto, con tutte le conseguenze legate all’ospedalizzazione. «Siamo di fronte a un cambiamento demografico – ha ribadito Degani – che non possiamo ignorare». Tutte considerazioni del resto già presenti nelle Linee guida sull’assistenza domiciliare integrata da tempo in discussione che al più presto, è l’auspicio emerso, il nuovo governo dovrà riprendere e portare a compimento.