giovedì 21 aprile 2022
Concretamente significa promuovere comportamenti che creino dialogo tra le persone e con le istituzioni, sulla scia della "Fratelli tutti" di papa Francesco. Se ne occuperà Alda Coppola
Una panoramica di Orvieto

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Forse per capire meglio ciò di cui parliamo bisogna partire dal gioco del “cos’é” e del “cosa non é”. Perché la gentilezza non è, o almeno non è solo, buone maniere, toni bassi, sorrisi. Tantomeno debolezza, manierismo affettato o la maschera della timidezza. È invece un habitus di vita, il coraggio dell’umiltà, il riconoscere se stessi e l’altro come un dono. Contagiarsene migliorerebbe l’esistenza di tutti, e invece risulta merce così rara che il Papa la definisce una rivoluzione.

La gentilezza, scrive Francesco nell’enciclica “Fratelli tutti”, «è una liberazione dalla crudeltà che a volte penetra le relazioni umane, dall’ansietà che non ci lascia pensare agli altri, dall’urgenza distratta che ignora che anche gli altri hanno diritto a essere felici». Una scuola di libertà e di vita buona, dunque, che ha bisogno di maestri, o comunque di un aiuto a venire fuori, a diventare patrimonio condiviso, bene comune.

Anche per questo Orvieto, come altri comuni in giro per l’Italia, ha istituito l’assessorato alla gentilezza, la cui delega è stata affidata ad Alda Coppola, 58 anni, laurea in giurisprudenza, una lunga esperienza di insegnante nelle scuole superiori. «La gentilezza è una fondamentale regola del convivere – spiega –. Credo che un sorriso, un grazie, l'essere gentili, ripaghi sempre. È quello che ho sempre voluto insegnare ai miei figli e ai miei studenti. La gentilezza è un valore aggiunto».

Una consapevolezza, aggiunge Coppola (che è anche assessore alle politiche sociali, alla famiglia, all'istruzione, ai giovani, alle pari opportunità e alle politiche di genere) cresciuta con la verifica sul campo. «Prova a rivolgerti con garbo a chi ti vuole urlare contro. Prova ad accoglierlo con un sorriso. Vedrai che reazione avrà. Lo spiazzi, lo lasci senza parole. Perché non se lo aspetta. E invece, è la chiave migliore per aprire le diffidenze, le resistenze».

Ora si tratta di tradurre la teoria in buone pratiche, di trasformare i principi in vita vissuta. Concretamente significa promuovere comportamenti che creino dialogo tra le persone e con le istituzioni. All’insegna, per riprendere un’immagine del Papa, di una rivoluzione che fa crescere il senso della comunità e dello stare insieme. Valori cristiani ma ancora prima pienamente umani, radicati nella certezza di appartenere tutti alla stessa famiglia.

Chi pratica le gentilezza come stile, allora, ha consapevolezza di quel che é, impara a guardare all’altro senza idealismo, ne sa condividere fragilità che sono anche sue. La gentilezza come copertura in apparenza fragile di una virtù che è dei forti, di chi sa guardarsi dentro, tenendo in mano le redini della propria vita senza bisogno di urlare per testimoniarlo. Tornando al gioco del cos’è del cosa non è, le donne e gli uomini gentili sono soltanto, semplicemente, pienamente umani. Forse per questo la loro normalità è tanto speciale.

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