mercoledì 12 ottobre 2022
I numeri del Living Planet Report 2022 del Wwf sono drammatici: in meno di 50 anni le popolazioni di fauna selvatica sono diminuite in media del 69%. "Abbiamo bisogno di più natura, più foreste".
Una contadina nella sua fattoria in Kenya

Una contadina nella sua fattoria in Kenya - Wwf

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Le cifre sono “terrificanti”. Non usa mezzi termini Marco Lambertini , il numero uno di Wwf International: il Living planet index (l’indice del pianeta vivente, ndr) in meno di 50 anni è calato di due terzi. Anche l’uomo come la gran parte di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci rischia di estinguersi e, nella migliore delle ipotesi di ridursi drasticamente. E’ quello infatti che sta succedendo a tutti gli esseri viventi che abitano insieme a noi il pianeta Terra. E in particolare questo avviene soprattutto per le popolazioni di fauna selvatica, che sono diminuite in media del 69% secondo il monitoraggio registrato dal Wwf e riportato nel Living Planet Report (LPR) 2022, il rapporto biennale sulla salute del pianeta, che l’associazione internazionale lancia a livello globale e che sarà presentato questa mattina a Roma.
«Abbiamo bisogno di un mondo nature-positive entro il 2030 – aggiunge Lambertini– che, in parole povere, significa più natura entro la fine di questo decennio rispetto ad ora. Più foreste naturali, più pesci negli oceani e nei sistemi fluviali, più impollinatori nei nostri terreni agricoli, più biodiversità in tutto il mondo. Un futuro positivo per la natura porterà innumerevoli benefici al benessere umano ed economico, compresa la nostra sicurezza climatica, alimentare e idrica. Insieme, gli obiettivi complementari di zero emissioni nette entro il 2050 e biodiversità netta positiva entro il 2030 rappresentano la bussola per guidarci verso un futuro sicuro per l’umanità, per passare a un modello di sviluppo sostenibile, per supportare il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) al 2030».
Il declino della natura è fortemente legato al riscaldamento globale: il cambiamento d’uso del suolo resta ancora la più grande minaccia attuale per la natura, costituendo la causa della distruzione e frammentazione degli habitat naturali di molte specie vegetali e animali sulla terraferma, nelle acque dolci e nel mare.
«Tuttavia – si legge nel rapporto – se non saremo in grado di limitare l’aumento medio delle temperature a 1,5°C, è probabile che il cambiamento climatico diventi la causa principale della perdita di biodiversità nei prossimi decenni. L’aumento delle temperature sta già determinando eventi di mortalità di massa, nonché le prime estinzioni di specie». Ogni rialzo di temperatura aumenterà queste perdite e l’impatto che hanno sulle persone.
Il report evidenzia le drammatiche prospettive dello stato di salute della natura e lancia un appello urgente ai governi, alle imprese e all’opinione pubblica: serve subito un’azione di trasformazione per invertire la drammatica perdita di biodiversità, che insieme all’emergenza del cambiamento climatico indotto dall’uomo minaccia il benessere delle generazioni attuali e future.
Con il suo bacino di dati, che comprende quasi 32.000 popolazioni di 5.230 specie di vertebrati, il Living Planet Index (LPI), fornito nel rapporto dalla ZSL (Zoological Society of London), mostra che nelle regioni tropicali l’abbondanza delle popolazioni di vertebrati selvatici monitorati sta crollando a un ritmo particolarmente sconcertante. Il Wwf è estremamente preoccupato per questa tendenza, poiché queste aree geografiche sono tra le più ricche di biodiversità al mondo. In particolare, i dati del LPI rivelano che tra il 1970 e il 2018 le popolazioni di fauna selvatica monitorate in America Latina e nella regione dei Caraibi sono diminuite in media del 94%.
In circa 50 anni, a livello globale le popolazioni d’acqua dolce monitorate sono diminuite in media dell’83%: si tratta del più grande declino di qualsiasi gruppo di specie. La perdita di habitat e le barriere alle rotte migratorie sono responsabili di circa la metà delle minacce alle specie ittiche migratorie monitorate.
Bilancio drammatico anche per la fauna selvatica in America Latina e Caraibi che è diminuita in media del 94% dal 1970. Crisi biologica, climatica ed economica sono strettamente correlate – sottolinea il Wwf - dalla COP15 di dicembre ci aspettiamo un ambizioso accordo sulla biodiversità globale. La Quindicesima Conferenza delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite sulla Diversità Biologica (Cop 15) si terrà a Montreal, in Canada, dal 7 al 19 dicembre, sotto la presidenza della Cina.
Il Living Planet Index del rapporto mostra che non c’è tempo da perdere se vogliamo una società “nature-positive”. Per Iorganizzazione indipendente dedicata alla conservazione della natura, dobbiamo dimezzare l’impronta globale di produzione e consumo entro il 2030. «I dati del Living Planet Report sono l’ennesimo, drammatico allarme del pessimo stato di salute della biodiversità globale e confermano che il tempo a nostra disposizione per invertire la curva dell’emorragia di natura che contraddistingue la nostra epoca è ormai agli sgoccioli – puntualizza Luciano Di Tizio, presidente Wwf Italia - Senza un cambiamento strutturale nelle nostre politiche, economie, abitudini quasi nessuno degli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu (SDGs) potrà essere raggiunto. Per invertire la perdita di natura e garantire un futuro più sicuro e sano per tutti è indispensabile dimezzare l’impronta globale di produzione e consumo entro il 2030. Abbiamo bisogno di trasformare radicalmente la nostra cultura e la nostra società».
In Italia il Wwf ha avanzato proposte concrete: entro un anno serve una legge sul clima, una per contrastare il consumo del suolo ed un Codice della Natura per razionalizzare tutte le norme a tutela della nostra biodiversità.
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