martedì 13 maggio 2025
È la più diffusa tra le malattie genetiche gravi: in Italia circa 200 bambini affetti da questa patologia e quasi 6mila persone sono curate attualmente nei Centri specializzati
Alla Camera si presenta il nuovo intergruppo dedicato alla fibrosi cistica

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Tra le malattie genetiche gravi, la fibrosi cistica è la più diffusa. Si stima che in Italia nascano ogni anno circa 200 bambini affetti da questa patologia e quasi 6mila persone sono curate attualmente nei Centri specializzati del nostro Paese. La malattia è causata – segnala il sito della Lega italiana fibrosi cistica (Lifc), associazione di pazienti e familiari – dalla presenza di due copie mutate del gene Cftr, che codifica la sintesi della proteina che regola il movimento del cloro, al quale segue il movimento dell’acqua, dall’interno verso l’esterno delle cellule epiteliali delle ghiandole mucose. Questa anomalia determina quindi un malfunzionamento di tutte le ghiandole a secrezione mucosa, e causa effetti in molti organi, ma a essere colpiti sono soprattutto l’apparato respiratorio e quello digerente.

Fino a pochi decenni fa la durata della vita di questi malati era limitata all’infanzia, ma la ricerca scientifica ha permesso prima di identificare il gene responsabile della malattia (nel 1989) e poi di sviluppare trattamenti che, anche se non sono ancora una cura risolutiva, tuttavia hanno enormemente migliorato la qualità e la durata della vita delle persone affette. Oggi oltre il 64% dei pazienti ha più di 18 anni. In Italia la prima tutela per i malati è giunta con la legge 548/93 che ha previsto una serie di misure specifiche per favorire la prevenzione, la diagnosi precoce e la presa in carico terapeutico-assistenziale e riabilitativa dei pazienti.

Dedicato alla fibrosi cistica, viene presentato oggi alla Camera un nuovo intergruppo interparlamentare dedicato alla fibrosi cistica, promosso dalla deputata Ilenia Malavasi (componente della Commissione XII Affari sociali e sanità della Camera), in collaborazione con la Lifc, che sarà presente con il presidente Antonio Guarini: partecipano all’incontro anche il senatore Ignazio Zullo (componente della Commissione X Affari sociali e sanità del Senato), Vincenzo Carnovale (vicepresidente della Società italiana fibrosi cistica) e Donatello Salvatore (consulente scientifico della Lifc). «Vogliamo garantire diritti e inclusione sociale ai pazienti vigilando anche sull'applicazione della legge 548» osserva Malavasi, che presiede l’intergruppo insieme con Zullo. Tra gli obiettivi la promozione di una piena tutela giuridica, sanitaria e sociale delle persone affette da fibrosi cistica e delle loro famiglie, potenziando l'accesso a cure innovative, centri specializzati e misure fiscali di sostegno. «È necessario assicurare uniformità nell'accesso alle cure su tutto il territorio nazionale» puntualizza Zullo.

Che i progressi scientifici stiano grandi speranze lo ha confermato il recente seminario della Fondazione per la ricerca sulla fibrosi cistica (Frfc), svoltosi a Jesolo (Venezia), dove è stato documentato l’aumento di gravidanze nelle donne con fibrosi cistica, più che raddoppiate – secondo i National Institutes of Health statunitensi – dalle 230 del 2009 alle 630 del 2020. «L’aumento delle gravidanze è importante – osserva Carlo Castellani, direttore scientifico della Frfc – perché rappresenta un segnale positivo dell'efficacia dei nuovi trattamenti e della possibilità per i pazienti di condurre una vita meno condizionata dalla malattia. Le migliori condizioni di salute delle pazienti trattate con modulatori favoriscono la scelta dell'opzione gravidanza e l'avvio della stessa. La ricerca però non deve dimenticare chi, per il tipo di difetto Cftr che lo caratterizza, non può utilizzare questi farmaci». E una nuova terapia modulatrice è stata approvata a fine aprile dall’Agenzia europea dei medicinali (Ema): l’azienda produttrice Vertex Pharmaceuticals ha annunciato il parere positivo del Comitato per i medicinali per uso umano dell’Ema al proprio farmaco deutivacaftor/tezacaftor/vanzacaftor per il trattamento di pazienti di età superiore ai 6 anni e che presentano una specifica mutazione del gene Cftr.


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