Nordio valuta se presentarsi al Tribunale dei ministri. Avs: «Cosa teme?»
di Redazione
Il guardasigilli è indagato assieme alla premier e al titolare degli Interni, Piantedosi, per peculato e favoreggiamento

Indagato per il caso Almasri assieme alla premier e al collega degli Interni Matteo Piantedosi, il ministro della Giustizia Carlo Nordio non ha ancora deciso se comparire o meno davanti al Tribunale dei ministri per deporre sulla brutta vicenda che ha portato al rilascio e poi al rimpatrio del criminale libico (con tanto di volo di Stato italiano). La stessa Giorgia Meloni starebbe ancora valutando il da farsi ma, stando ai pochi elementi filtrati da Palazzo Chigi, sarebbe propensa a mandare il Guardasigilli dai giudici. Lui, però, potrebbe non essere altrettanto disponibile. In parte perché, a differenza degli altri indagati, dovrebbe rispondere anche dell’accusa di omissione di atti d’ufficio (oltre a favoreggiamento e peculato), un’ipotesi di reato che secondo alcuni osservatori potrebbe reggere più delle altre. Le resistenze del ministro, però, non si devono a questioni tecniche quanto piuttosto alle ricadute politiche che una sua deposizione potrebbe avere, specie nel caso in cui le sue parole dovessero differire da quanto già detto al Parlamento e venissero poi rese pubbliche. Peraltro, nei giorni scorsi è stato ascoltato l'allora capo del Dipartimento per gli Affari di Giustizia (Dag), Luigi Birritteri, il quale avrebbe fornito la documentazione richiesta assumendo una dura posizione nei confronti del capo di gabinetto del ministero.
Per comprendere meglio le implicazioni della vicenda vale la pena riavvolgere il nastro. Najeem Osema Almasri, capo della polizia giudiziaria libica, è stato arrestato nel gennaio scorso dalla Digos di Torino, dove si trovava per assistere a una partita della Juventus. Ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità commessi nella prigione di Mitiga, vicino Tripoli, è stato però rilasciato dalla Corte d’appello di Roma su richiesta della Procura, dopo che Nordio, sollecitato dai giudici capitolini, non ha ritenuto di intervenire per trattenerlo. Riferendo in Parlamento sul caso, Piantedosi, ha parlato del rimpatrio come di «un’espulsione» decisa in virtù della «pericolosità sociale» di Almasri. Mentre Nordio ha sostenuto di non essere intervenuto a causa di un errore procedurale della Cpi, che non avrebbe interloquito direttamente con lui (spetta al guardasigilli mediare con L’Aia su casi simili). Da qui è partito l’esposto dell’avvocato Luigi Li Gotti, che ha portato la Procura di Roma a iscrivere nel registro degli indagati Meloni, Nordio e Piantedosi. Gli atti sono stati poi trasmessi per competenza al Tribunale dei ministri.
Inutile dire che una mancata deposizione di Nordio presterebbe il fianco agli attacchi delle opposizioni, che già ieri hanno sollevato dubbi sul suo atteggiamento: «Perché il ministro della Giustizia – si è chiesto il leader di Avs, Nicola Fratoianni – nicchia sul farsi interrogare dal Tribunale dei Ministri? Di cosa ha paura? Cosa teme? Il Paese ha bisogno di verità e trasparenza».
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