Non profit, corsa contro il tempo per il recupero dell'Ici
Ultimo atto della vicenda relativa agli «aiuti di Stato». Dichiarazioni e versamenti vanno fatti entro fine anno, ma mancano i decreti attuativi
L’annosa vicenda riguardante l’esenzione Ici concessa agli enti non commerciali, ma considerata aiuto di Stato non compatibile con le regole europee sulla concorrenza, arriva al capolinea con l’emanazione delle norme che ne disciplinano il recupero e che prevedono l’ultimo tassello entro quest’anno: un’apposita dichiarazione entro il 30 novembre e il versamento entro il 30 dicembre. Ma, lo premettiamo subito, potrebbe essere impossibile rispettare i termini data la mancanza dei due provvedimenti attuativi: un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui si attende la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e il Decreto ministeriale di approvazione del Modello di dichiarazione.
Le tappe dell’esenzione negata
La questione riguarda l’esenzione Ici degli anni 2006-2011, che deve essere recuperata dallo Stato italiano come stabilito dalla Commissione europea con la Decisione del 3 marzo 2023. Come si ricorderà per oltre un decennio l’esenzione dall’Ici riconosciuta dal D.Lgs. 504/1992 ha riguardato gli immobili utilizzati da enti non commerciali per lo svolgimento di attività socialmente rilevanti, quelli «destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222 [sono le attività di religione o culto le “attività dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana”]». Nel 2004, sulla scorta di alcune sentenze della Corte di cassazione, sorsero le prime discussioni circa la rilevanza delle modalità con cui tali attività venivano gestite, in particolare riguardo al loro inquadramento tra le attività commerciali. Ne seguirono, tra il 2006 e il 2007, numerose denunce rivolte la Commissione europea che, con la Decisione del 12 ottobre 2010, avviò il procedimento di indagine formale per verificare se l’agevolazione costituisse un aiuto di Stato non ammesso dalla normativa unionale. Il procedimento si chiuse con la Decisione 2013/284/UE nel quale la Commissione stabilì che l’esenzione concessa dal regime Ici agli enti non commerciali costituisce un aiuto di Stato illecito ma, alla luce delle circostanze eccezionali invocate dall’Italia, non ne dispose il recupero. Tuttavia, a seguito di ricorsi presentati da una parte degli originari ricorrenti contro il mancato ordine allo Stato italiano di recuperare gli aiuti illegali concessi, la Corte di giustizia dell’Unione europea, con Sentenza del 2018, ha annullato la Decisione della Commissione limitatamente alla parte in cui non ha ordinato il recupero. La Commissione ha quindi ripreso il procedimento che si è concluso con la Decisione 2023/2013 del 3 marzo 2023 stabilendo che l’Italia deve recuperare l’aiuto incompatibile concesso attraverso l’esenzione Ici in quanto, pur riconoscendo l’esistenza di difficoltà per le autorità italiane nell’individuare i beneficiari dell’aiuto illegale, valuta che queste non sono sufficienti per escludere la possibilità di ottenere almeno un recupero parziale dell’aiuto. Vengono esclusi dall’obbligo di recupero gli aiuti de minimis (fino a 200.000,00 euro nel triennio).
Le norme sul recupero
Con il Decreto Salva-infrazioni (D.L. 131/2024) sono state stabilite le modalità per il recupero dell’esenzione Ici oggetto della censura europea, attraverso l’articolo 16-bis, inserito dalla legge di conversione (L. 14.11.2024, n. 166). Prima di esaminare la procedura individuata, è opportuno precisare che non vi è alcun recupero da effettuare nei casi in cui l’esenzione riguardava immobili nei quali si svolgevano attività non economiche; tali sono – sempre – le attività di religione o culto, ma potrebbero esserlo, se non esercitate in forma di impresa, anche altre tra quelle individuate dalla norma. Il primo comma dell’articolo stabilisce che gli enti che abbiano presentato la dichiarazione Imu/Tasi Enc «in almeno uno degli anni 2012 e 2013» dalla quale risulti «un’imposta a debito superiore a 50.000 euro annui, o che comunque siano stati chiamati a versare, anche a seguito di accertamento da parte dei comuni, un importo superiore a 50.000 euro annui», sono tenuti a presentare, esclusivamente in via telematica, la dichiarazione per il recupero dell’Ici. La dichiarazione, che è unica per tutti gli immobili posseduti, deve essere resa attraverso uno specifico modello approvato con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, sentita l’Associazione nazionale dei comuni italiani.
Per la determinazione dell’Ici oggetto del recupero si applica la disciplina dell’Imu vigente nell’anno 2013, cioè quella risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 1/2012 e dal D.M. 200/2012, che limita l’esenzione agli immobili nei quali le attività socialmente rilevanti siano svolte «con modalità non commerciali» e che prevede la possibilità di esenzione parziale nei casi di uso promiscuo dei fabbricati. La base imponibile, i moltiplicatori e l’aliquota da utilizzare per calcolare l’imposta da recuperare sono quelli stabiliti dalla disciplina dell’Ici, applicabili nell’anno di riferimento interessato dal recupero. Nel solo caso in cui l’aliquota effettiva non sia individuabile, si applicherà quella media, pari al 5,5 per mille. Il secondo comma dell’articolo dispone che – come riportato nella stessa Decisione della Commissione – non deve essere effettuato alcun versamento se nel periodo dal 2006 al 2011 non sono state superate le soglie di aiuto previste dalle disposizioni sui de minimis (200 mila euro in tre anni, al netto di eventuali aiuti fruiti e considerando il minor limite stabilito per il 2006). Inoltre stabilisce che «non si fa luogo, altresì, al versamento se l’ammontare dell’aiuto soddisfa i requisiti stabiliti da un regolamento europeo che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, ovvero se integra la compensazione di obblighi di servizio pubblico o la remunerazione della fornitura di servizi di interesse economico generale esentata dalla notifica alla Commissione europea, secondo le condizioni e i requisiti prescritti dalla disciplina europea in materia, in applicazione dell’articolo 106, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea». Si tratta delle attività inquadrabili nell’ambito dei servizi di interesse economico generale (Sieg) caratterizzate da un formale incarico ricevuto dalla Pubblica Amministrazione per la fornitura di servizi di utilità collettiva, in cui siano specificati natura del servizio, obblighi connessi e modalità di compensazione economica.
Il versamento dell’Ici considerata aiuto di Stato, detratti gli importi eventualmente corrisposti deve essere effettuato con il modello F24; sulle somme dovute devono essere applicati gli interessi, che decorrono dalla data in cui l’aiuto è divenuto disponibile per il benefIciario e fino alla data del recupero (co. 3). Se gli importi oggetto di recupero e relativi interessi sono superiori a 100.000 euro, possono essere rateizzate in quattro quote trimestrali di pari importo indicando la scelta della rateizzazione nella dichiarazione (co. 4). Vengono stabilite le sanzioni amministrative (co. 8):
- per l’omessa presentazione della dichiarazione, si applica la sanzione del 100% dell’importo non versato, con un minimo di 50 euro;
- se la dichiarazione è infedele, si applica la sanzione del 40% del tributo non versato, con un minimo di 50 euro;
- in caso di versamento di un importo difforme rispetto a quanto dichiarato, si applicano le sanzioni previste ordinariamente dall’articolo 13 del D.Lgs. 471/1997, il 25% dell’importo non versato, con le riduzioni previste dall’istituto del ravvedimento.
Il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e il modello di dichiarazione
Il quinto comma dell’articolo 16-bis del D.L. 131/2024 demanda ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il compito di fissare i termini per la presentazione della dichiarazione e per il versamento e di stabilire la misura degli interessi applicabili. Il decreto avrebbe dovuto vedere la luce entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del Decreto Salva-infrazioni (15 novembre 2024), quindi entro lo scorso 14 gennaio; tuttavia, il provvedimento, il cui schema risulta approvato nella seduta straordinaria dello scorso 30 luglio della Conferenza Stato-città e autonomie locali, è ancora in attesa della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Il D.P.C.M. dovrebbe essere composto da tre articoli (Articolo 1 Termini e modalità della presentazione della dichiarazione e del versamento, Articolo 2 Interessi applicabili, Articolo 3 Struttura di coordinamento delle operazioni di recupero Ici). Oltre a ribadire quanto disposto dal decreto legge stabilisce la tempistica degli adempimenti: la dichiarazione deve essere presentata entro il prossimo 30 novembre (co. 1) e «il versamento dell’imposta oggetto del recupero, determinata ai sensi del comma 3, è effettuato entro 30 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione» (co. 4), cioè entro il 30 dicembre. Si tratta di un timing decisamente stringente, soprattutto considerando che il D.P.C.M. non è ancora passato in Gazzetta Ufficiale e che il modello di dichiarazione non è ancora stato approvato! Tra l’altro la tempistica stabilita dal D.P.C.M. viola l’articolo 3 dello Statuto dei diritti del contribuente, il quale recita che «le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell’adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti». Si evidenzia che il D.P.C.M. ha rettificato l’ambito soggettivo individuato dal D.L. 131/2024. Infatti, mentre nel decreto legge si fa riferimento ai «soggetti passivi, che abbiano presentato la dichiarazione per l’imposta municipale propria e per il tributo per i servizi indivisibili per gli enti non commerciali (Imu/Tasi Enc) in almeno uno degli anni 2012 e 2013» nel D.P.C.M. ci si riferisce ai «soggetti passivi che hanno presentato la dichiarazione per l’imposta municipale propria e per il tributo per i servizi indivisibili per gli enti non commerciali (Imu/Tasi Enc) relativa a uno degli anni d’imposta 2012 o 2013». L’obbligo di restituzione viene quindi posto a carico non più dei soggetti passivi che hanno presentato la dichiarazione Imu/Tasi Enc «in almeno uno degli anni 2012 e 2013», ma di quelli che hanno provveduto a presentare la dichiarazione «relativa ad uno degli anni d’imposta 2012 o 2013».
Considerando che la negli anni 2012 e 2013 gli enti non commerciali non hanno presentato la dichiarazione (mancava l’approvazione dell’apposito modello che è avvenuta nel 2014) con la prima formulazione nessun ente sarebbe tenuto a presentare la nuova dichiarazione per il calcolo del recupero. Con la seconda versione, invece, sono soggetti all’adempimento tutti gli enti non commerciali che hanno presentato (entro il 30 novembre 2014) la dichiarazione riguardante anche gli anni 2012 e 2013. Sembrerebbero comunque restare stranamente esclusi dall’ambito dei soggetti a cui si rivolge la procedura di recupero gli enti che avrebbero dovuto presentare la dichiarazione e che hanno omesso l’adempimento.
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