Mattarella e i nuovi Stranamore: cosa ha detto il capo dello Stato a Berlino
Il presidente della Repubblica, intervenuto ieri alla Bundestag in occasione della "Giornata del lutto nazionale", ha chiesto a gran voce il disarmo nucleare. E ricordato come il multilateralismo è la via per una pace duratura

Le democrazie sono chiamate a riportare ordine in un mondo in cui «imperversano i novelli Dottor Stranamore». Quelli che amano la Bomba. Il monito è arrivato ieri dal presidente della Repubblica, pronunciato al Bundestag di Berlino in occasione della Giornata del lutto nazionale, a 80 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale. Il riferimento, invece, è al film del 1964 di Stanley Kubrick (Il dottor Stranamore: ovvero come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba), rielaborato a partire da un romanzo di Peter George. Il presidente della Repubblica non ha usato a caso il protagonista del film, un ex scienziato nazista ingaggiato dagli americani che rappresenta un mix tra abbandono del senso morale, la follia e una sorta di "amore" per la distruzione che porta al disastro nucleare. In sostanza il regista racconta con l'arma dell'ironia l'assurdità e l'assenza di coscienza nella gestione delle armi nucleari.
Nel lungo discorso, il presidente richiama i Paesi europei - e non solo - a rinunciare alle armi nucleari. Lo ha fatto lanciandosi anche in un paio di citazioni in tedesco: "Il coraggio dell'amore" di Theodor Heuss, il primo presidente della Repubblica tedesca, e il "mai più" che campeggia all'ingresso di più di un campo di sterminio. Deve essere invece chiaro - ha spiegato Mattarella richiamando al disarmo - che «la caduta della distinzione tra civili e combattenti colpisce al cuore lo stesso principio di umanità» come anche «l'ordine internazionale, basato sul principio del rispetto tra i popoli e del riconoscimento dell'orrore della guerra, oggi aggravata dal continuo irrompere di nuove armi». Guai a non reagire, perché «la pace non è frutto di rassegnazione di fronte alle grandi tragedie. Ma di iniziative coraggiose, di persone coraggiose». La pace, soprattutto, passa per la riscoperta del metodo che l'ha garantita dopo la Guerra Mondiale: «Sono le istituzioni multilaterali come le Nazioni Unite, la Corte Penale Internazionale, le missioni di pace, le agenzie umanitarie a concorrere alla impegnativa e affascinante fatica della costruzione di una coscienza globale». La memoria delle atrocità dell'uomo nel passato e dolore profondo per quelle presenti «ci obbligano a un esercizio di consapevolezza- ha aggiunto Mattarella - La pace non è un traguardo definitivo bensì il frutto di uno sforzo incessante, fondato sul raggiungimento di valori condivisi e sul riconoscimento della inviolabilità della vita umana di ogni persone, ovunque. Da sempre la guerra ambisce a proiettare la sua ombra cupa sull'umanità».
Mattarella ha infatti ricordato che il Trattato del 1997 che mette al bando gli esperimenti nucleari non ha visto infatti ancora la ratifica da parte di Cina, India, Pakistan, Corea del Nord, Israele, Iran, Egitto, Stati Uniti, mentre la Russia ha ritirato la sua nel 2023. «Il rispetto, sin qui, delle prescrizioni che contiene, non attenua la minaccia incombente - ha ricordato - Si odono dichiarazioni di altri Paesi su possibili ripensamenti del rifiuto dell'arma nucleare. Emerge, allora, il timore che ci si addentri in percorsi ad alto rischio, di avviarsi ad aprire una sorta di nuovo vaso di Pandora». La situazione internazionale viene nel dettaglio ripercorsa da Mattarella, a cominciare dalla speranza che accese nel dopoguerra la nascita delle Nazioni Unite, che oggi continuano a ribadire come oltre il 90 per cento delle vittime dei conflitti è tra i civili. «Questo non può rimanere ignorato e impunito. Il numero di persone costrette ad abbandonare le proprie case, la propria terra non ha precedenti», la precisazione del capo dello Stato per cui «la guerra di aggressione è un crimine. Va riaffermato senza cedimenti, l'insegnamento di Norimberga: se riusciremo a imporre l'idea che la guerra di aggressione è la via più diretta per la cella di una prigione e non per la gloria, avremo fatto un passo per rendere la pace più sicura. Sono parole di Robert Jackson, procuratore di quel Tribunale». E la pace «non è frutto di rassegnazione di fronte alle grandi tragedie. Ma di iniziative coraggiose, di persone coraggiose». Così come il multilateralismo, ha detto ancora il capo dello Stato, «è uno strumento di difesa che gli abitanti del pianeta possono opporre alla logica della sopraffazione di chi - sentendosi momentaneamente in posizione di vantaggio- si ritiene legittimato a depredare gli altri».
Anche l'Unione europea è nata con questi valori dalle rovine della guerra ed «ha saputo farsi portatrice del multilateralismo al servizio della pace. È una responsabilità che si accentua oggi. In questa preoccupante congiuntura internazionale. È un ruolo storico - ha concluso Mattarella - i precursori perseguirono l'unità quando non esisteva, contro ogni esperienza precedente. I Paesi europei hanno dimostrato di avere coraggio. I leader europei hanno dimostrato di avere coraggio. Non lasciamo che, oggi, il sogno europeo - la nostra Unione - venga lacerato da epigoni di tempi bui. Di tempi che hanno lasciato dolore, miseria, desolazione».
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