Mattarella, Caivano e quella promessa mantenuta
"Continuate!", aveva esortato il Presidente nella sua visita a sorpresa di gennaio. La comunità non si è fermata, la sfida per uscire dall'emarginazione prosegue. Come raccontano le foto dell'album, sfogliato insieme

“Provvidenza” è uno dei tanti nomi di Dio. Arriva quando meno te l’aspetti e, con estrema delicatezza, ti ridona forza. Giunge per strade inesplorate, sentieri di campagna, viottoli di montagne o viali luccicanti di città. Credere nella Provvidenza vuol dire rimanere in attesa. Nessuno può sapere che cosa la fantasia di Dio inventa oggi. «Tu non sei il tuo errore. Tu non sei il tuo reato. Tu se immenso, anche quando il mondo intorno ti dice il contrario, anche quando ti senti uno sconfitto. Tu non sei la tua sconfitta» ho ripetuto, il mese scorso, ai giovani ospiti di un carcere minorile. I cristiani possono contare su questo dono che va sotto il nome di Provvidenza. Nella mia vita, l’ho incrociata spesso. Non sempre, è vero, mi sono accorto che c’era lei dietro un moto dell’animo, un incontro casuale, una parola captata per caso. Ma, esiste il caso?
Occorre aguzzare lo sguardo per stanarla quando si nasconde. Tu vedi un misero seme marcito? Fermati, aspetta, da quel grumo putrefatto una minuscola gemma sta già nascendo alla vita. Domenica 5 gennaio di quest’anno. Un tiepido sole riscalda la giornata invernale. Una visita inaspettata in parrocchia: il prefetto di Napoli, dottor Michele Di Bari. Mi corre incontro: «Presto, sta arrivando il presidente Mattarella a Messa». Davvero? Incredibile. Manca poco per la celebrazione di mezzogiorno. Si fa quel che si può per dare degna ospitalità alla Prima Carica dello Stato. Sono emozionato. La gioia aleggia nell’aria. I bambini sono elettrizzati. Nessun formalismo. Un’ accoglienza cordiale, familiare, cristiana, napoletana. Pochi anni prima, cinque ragazzi, accompagnati da me, erano stati da lui ricevuti al Quirinale. In quella circostanza, Adriano, il più grandicello, nel salutarlo ebbe a dire: «Presidente, noi non vogliamo essere i primi ma nemmeno gli ultimi. Partiamo, però, sempre svantaggiati. Ci aiuti a essere normali».
Mattarella promise di fare quello che era in suo potere. Noi gli credemmo. Quel giovane, il mese scorso, si è laureato. La vera rivoluzione è questa: strapparli alla strada per consegnarli alla scuola prima, alla vita dopo. Un primo traguardo è stato raggiunto. Si va avanti. A nessuno è dato di tirare i remi in barca. Era nostra intenzione regalare al Presidente l’album fotografico realizzato quella prima domenica di gennaio. Come fare? Sabato 29 novembre, il Presidente, approfittando di una visita a Napoli, si reca a visitare il sito archeologico di Pompei. Vengo invitato anch’io. Corro. Gli consegno l’album. Il Presidente sfoglia le foto. È contento. Ringrazia. Inizia la visita. Duemila anni fa in quel luogo accade il finimondo. La ricchezza archeologica di cui andiamo fieri costò la vita a migliaia di persone. A metà mattinata prendo commiato. Da anni avverto il dovere di raccontare, ovunque vada, l’orribile sorte di Giuseppe Di Matteo, il ragazzino di 13 anni, che fu rapito, tenuto prigioniero per 779 giorni, infine strangolato e sciolto nell’acido dalla mafia per punire il padre, collaboratore di giustizia. A tutti – sindaci, politici, parroci, dirigenti scolastici – chiedo di intitolare una strada, una palestra, un oratorio, un campetto sportivo o qualsiasi altra cosa al giovane Giuseppe. Tanti lo hanno già fatto, altri arriveranno. La memoria di quest’ innocente ragazzino che ha pagato il prezzo più alto alla maledetta mafia non deve andare perduta. Sabato, a Lusciano, nel Casertano, mi attendono per intitolargli una struttura sportiva. Saluto il Presidente per correre all’appuntamento. Gli dico il motivo per cui vado via. Mattarella stringe forte le mie mani tra le sue. Sorride. Ringrazia. Mi abbraccia, mi bacia. Sono commosso. La Provvidenza, anche oggi, ha mantenuto la parola data. L’abbraccio del Presidente della Repubblica, il suo sorriso, il calore delle sue mani mi danno conferma che la strada per la quale stiamo camminando è quella giusta. Amore a Dio, amore al prossimo. Sempre dalla parte dei più poveri, dei bambini, degli ultimi. Sempre accanto alle nostre democratiche istituzioni. Grazie, Presidente. A gennaio, lei ci disse: «Continuate!». Lo abbiamo fatto, lo stiamo facendo, lo faremo ancora. Lei ci resti accanto. Maurizio Patriciello.
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