Ma la sicurezza non può essere un alibi

Il decreto resta in buona parte non condivisibile nel contenuto e da rivedere nel metodo e cela una forma patologica di democrazia. Ma anche il centrosinistra ha materia su cui riflettere
June 4, 2025
Ma la sicurezza non può essere un alibi
Si è parlato di «svolta autoritaria», di «atto repressivo», di «deriva liberticida». In molti ritengono che con il “dl Sicurezza” siamo alle prese con una nuova deriva populista per accrescere il consenso “vendendo” ai cittadini presunte rassicurazioni, mentre in realtà dietro il testo si nasconde una forma patologica di democrazia, dove il popolo è inteso come “soggetto passivo”, quasi non autorizzato a dissentire e ad attivarsi nelle forme di protesta finora usate.
C’è sicuramente del vero in queste analisi severe. E sarà, per questa ragione, atteso più del solito, e senza alibi, alla prova dei fatti - e della possibile incostituzionalità di alcune parti - questo provvedimento, che resta in buona parte non condivisibile nel contenuto (anche dopo le correzioni fatte operare in via preliminare dal Quirinale, a partire da quelle sulle madri incinte o con neonati in carcere) e largamente da rivedere nel metodo, fino alla scelta finale di ricorrere all’ennesimo decreto per norme tutt’altro che urgenti.
Un capitolo sconcertante, poi, è l’ampliamento dei reati non più punibili se compiuti dagli agenti dei servizi segreti durante operazioni autorizzate. Un intervento giustificato dal governo con la lotta al terrorismo, ma che rischia di dare una totalmente assurda “carta bianca” agli esponenti dei Servizi. Fino al rischio, paventato dalle opposizioni, di poter arrivare a «guidare organizzazioni terroristiche con finalità eversive». Così come eccessivo è l’accanimento nel voler punire la resistenza passiva non violenta che, da storica protesta fatta usando anche i corpi per contrastare nella storia le espressioni più bieche di un “sistema” politico, troppo spesso però rischia di sconfinare nella prevaricazione rispetto ai diritti di masse ampie di cittadini e, quindi, di confliggere – pur avvenendo in modo pacifico - con diritti che parimenti vanno tenuti in conto.
Certo, l’epilogo chiama in qualche modo in causa anche il centrosinistra. E tocca l’eccesso di sufficienza con cui questa parte politica ha sempre trattato negli anni temi che invece, forse anche per una questione anagrafica, stanno sempre più a cuore a larghe fasce del nostro tessuto sociale (lo attestano anche vari sondaggi, pur col loro valore relativo). E che rappresentano oggi uno degli anelli mancanti per tornare a parlare alla maggioranza del Paese. Gli esempi più eclatanti sono quelli degli imbrattamenti e degli sgomberi delle case (di abitazione) occupate abusivamente, ora possibile con l’intervento diretto della polizia giudiziaria cui si denuncia il fatto: una norma di assoluto buon senso che per troppi decenni, inspiegabilmente, è stata un tabù. In parte è anche l’aver troppo a lungo ignorato queste istanze a obbligare oggi la sinistra a dover subire, e reagire energicamente, alla “versione”, eccessiva, che ne sta dando la sua controparte politica.

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