Le vittime delle mine anti-uomo sono in aumento (e il Trattato rischia di fallire)
Nel 2024 6mila incidenti, con 2mila morti e 4mila feriti, di cui la metà donne e bambini

Insidiose perché invisibili, malvage perché colpiscono gli indifesi, infide perché resistono anni sotto la superficie del suolo. Le mine anti uomo continuano a mietere vittime, e nel 2024 si è registrato il numero più alto di morti e feriti da quattro anni a questa parte. Due i Paesi che sospingono in alto questa contabilità: la Siria e il Myanmar, il primo a causa del ritorno dei profughi nella aree precedentemente di guerra e il secondo perché sia l'esercito sia i gruppi armati continuano a spargere ordigni. L'anno scorso sono stati registrati 6mila incidenti causati da mine e altri ordigni inesplosi, che hanno causato 1.945 morti e 4.325 feriti, secondo il report Landmine Monitor pubblicato oggi. È proprio il Myanmar a detenere il record, con 2mila incidenti. Complessivamente il 90 per cento delle vittime sono civili e almeno la metà sono donne e bambini. Sia Siria sia Myanmar non fanno parte della Convenzione.
Il futuro non promette nulla di buono, nonostante la Convenzione internazionale contro le mine antiuomo, entrata in vigore nel 1999 e sottoscritta da 166 Paesi, l'85% del totale (gli ultimi sono le Isole Marshall e Tonga). Il Trattato - non firmato né ratificato da 33 Paesi del mondo, tra cui Cina, Russia e Usa - proibisce agli Stati aderenti l'uso, lo stoccaggio, la produzione e il trasferimento di mine anti-uomo, oltre a obbligare le parti a ripulire le aree contaminate e assistere le vittime. Ma l'accordo è entrato in crisi profonda soprattutto a causa della guerra in Ucraina. Il primo motivo di crisi è che alcuni Paesi firmatari della Convenzione di Ottawa, come Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania e Polonia stanno cercando vie legali per uscirne, per affrontare a mani libere la crescente minaccia della Russia e avere la possibilità di difendere i confini anche con l'ausilio delle mine. «Cinque Stati rinunceranno nel giro di pochi mesi agli obblighi previsti dal Trattato, nonostante sia evidente che se useranno le mine, serviranno decenni ed enormi risorse per ripulire le aree contaminate e assistere le nuove vittime, che sperimenteranno l'impatto dell'uso delle mine molto dopo la fine del conflitto», scrive Mark Hiznay, editore del Landmine Monitor.
L'Ucraina, dal canto suo, ha annunciato la sua uscita dal Trattato lo scorso giugno per poter utilizzare questi ordigni per contenere l'avanzata russa nel proprio territorio. Cosa che effettivamente sta facendo, come il report documenta nelle sue 163 pagine. E fin qui le defezioni. Dall'altra parte ci sono Stati che non hanno sottoscritto la Convezione di Ottawa, e hanno ripreso a fare un uso intensivo delle mine antiuomo, come la Russia e Myanmar. Lo scorso luglio inoltre la Thailandia ha accusato la Cambogia di aver utilizzato mine anti-uomo al confine tra i due Paesi.
Non solo: i tagli generalizzati ai programmi di cooperazione stanno provocando la diminuzione dell'assistenza alle vittime e la chiusura di alcuni progetti umanitari. Il rischio concreto è di svuotare un Trattato che è stato raggiunto faticosamente e che ha permesso di salvare migliaia di vite umane. Trentun Paesi aderenti all'Accordo hanno completamente ripulito il territorio; l'ultimo in ordine di tempo, nel 2025, l'Oman. Quest'anno avrebbe dovuto essere raggiunto il target di un mondo libero dalle mine, così come fissato dieci anni fa, ma nonostante il ritardo e i possibili passi indietro, il Trattato «rimane lo strumento più efficace per mettere fine alle sofferenze causate dalle mine antiuomo».
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