Le autorità italiane hanno bloccato Mediterranea, di nuovo
L'ong ha salvato 92 persone dall'annegamento ma, all'arrivo in Italia, è scattato il fermo di 60 giorni per la nave. L'equipaggio: «Non obbediamo a leggi inumane»

La nuova nave della ong Mediterranea saving humans ha portato a termine la sua ventitreesima missione nel Mediterraneo, salvando dall’annegamento 92 persone tra donne, uomini e minori. Alcuni non mangiavano e bevevano da almeno tre giorni. Ma per la seconda volta nell’arco di quattro mesi, dopo aver attraccato a Porto Empedocle, l’imbarcazione della ong è stata fermata ieri dalle sanzioni delle autorità italiane: 60 giorni di fermo e 10mila euro di multa. Il motivo? Che l’equipaggio della ong ha ignorato l’assegnazione al porto di Livorno, «troppo lontano per chi era già allo stremo», e ha attraccato in provincia di Agrigento «perché nessuna delle persone salvate doveva restare in mare un giorno in più».
A far scattare il fermo è il cosiddetto decreto Piantedosi, che impone alle ong di terminare le missioni nei porti assegnati, senza effettuare salvataggi multipli. Nella maggior parte dei casi, però, le autorità italiane assegnano punti di sbarco che impongono agli equipaggi di allungare la navigazione di almeno tre o quattro giorni, rischiando di aggravare le condizioni di salute, già precarie, delle persone a bordo. «Il Governo – si legge in una nota di Mediterranea – pretende di imporre che persone appena strappate alla morte restino per giorni in mare, lontane dai servizi medici essenziali». Nell’ultima missione di Mediterranea, però, a ordinare all’equipaggio lo sbarco a Porto Empedocle sono state anche la Procura presso il Tribunale per i minorenni di Palermo e quella di Agrigento. A guidare la decisione dei magistrati, come spiega la ong, sono state sia le condizioni delle persone soccorse, «che necessitavano di cure tempestive a terra» sia la Convenzione di Amburgo, sottoscritta anche dall’Italia, che «indica chiaramente l’obbligo di assegnare un porto sicuro il più vicino possibile dopo un salvataggio».
Mediterranea ha già annunciato che presenterà un ricorso contro il fermo e la multa. Giudicando sull’analoga stretta imposta ad agosto dal decreto Piantedosi alla ong, il tribunale di Trapani aveva già accolto un primo ricorso dei soccorritori tenendo «conto dei motivi che hanno spinto l’autore a non seguire le indicazioni dell’autorità amministrativa». In quel caso, il comandante – si legge nella sentenza – «non avrebbe agito per finalità egoistiche e/o di profitto, bensì per la tutela delle persone tratte in salvo». Per questo motivo, l’equipaggio di Mediterranea si dice fiducioso in una nuova sentenza di sospensione del fermo: «Non ci rassegneremo mai a un sistema che cerca di criminalizzare e strangolare economicamente chi salva vite». Lo scorso 5 novembre, Mediterranea saving humans ha annunciato anche di interrompere le comunicazioni dei salvataggi alle autorità di Tripoli, ritenute responsabili di respingimenti illegali e violazione dei diritti umani delle persone migranti: «Non obbediremo mai a ordini illegittimi che si pongono in contrasto con la giustizia e con l’umanità», sostiene la ong.
Secondo l’Organizzazione mondiale per le migrazioni, dal 1° gennaio 2025 hanno perso la vita nel Mediterraneo (ufficialmente disperse) 1579 persone.
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