La riforma della caccia (con meno limiti) non piace agli ambientalisti

La riforma in esame al Senato introduce novità sulla gestione della fauna selvatica e la tutela degli interessi degli imprenditori agricoli, tra cui la loro partecipazione al contenimento delle specie
July 6, 2025
La riforma della caccia (con meno limiti) non piace agli ambientalisti
ANSA |
Gestione della fauna selvatica anziché protezione. È questa la chiave di volta del Ddl Caccia in esame al Senato. Una riforma che intende modificare la legge n.157 del 1992 in vigore da più di trent’anni.
Secondo il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, «questo significa che, partendo da dati scientifici, si interviene cercando di correggere le situazioni che mettono in discussione da un punto di vista economico il mondo agricolo, e dal punto di vista della tutela dell’ambiente l’equilibrio tra le diverse specie». In altre parole, secondo i proponenti, bisogna tener conto anche degli interessi degli imprenditori (che a causa della proliferazione di determinati animali vedono spesso andare in frantumi il proprio lavoro), ma anche del rischio estinzione di alcune specie, messe in pericolo dall’eccesso di altre. Si considera, quindi, anche la sopravvivenza degli habitat naturali stessi.
Queste le motivazioni alla base del disegno di legge firmato dai capigruppo dei partiti di maggioranza Lucio Malan (FdI), Massimiliano Romeo (Lega), Maurizio Gasparri (FI) e Giorgio Salvitti (Civici d’Italia). Giovedì scorso è cominciata in Senato la discussione nelle Commissioni Ambiente e Agricoltura in sede redigente. Nei prossimi giorni inizieranno le audizioni con le associazioni venatorie, ambientaliste, agricole, e con gli assessori regionali ed esponenti della comunità scientifica.
Ma quali sono, dunque, le sostanziali novità che si muovono a cascata proprio dall’esigenza, per dirla sempre con le parole del ministro Lollobrigida, che «l’uomo si riprenda il diritto di essere bioregolatore»? Il ministro è intervenuto venerdì scorso al convegno “Il futuro della fauna in Italia, dalla crisi alla riforma” organizzato da Cia Agricoltori italiani.
Tra i punti del Ddl, uno in particolare è stato maggiormente apprezzato proprio dagli imprenditori agricoli. Il disegno di legge li autorizza (comprendendo anche le guardie private) a partecipare direttamente ai piani di contenimento della fauna selvatica, a patto che siano muniti di licenza venatoria e specifica formazione.
Secondo Cristiano Fini, presidente nazionale di Cia, la riforma «è fondamentale per «iniziare a invertire la rotta» su una questione diventata «insostenibile». L’esempio più lampante, ha spiegato, riguarda i cinghiali, «responsabili dell’80% dei danni al nostro settore: si è passati da una popolazione di 50 mila capi in Italia nel 1980 agli oltre 2 milioni di oggi». Anche in quest’ottica, Fini ha chiesto al ministro l’introduzione di strumenti automatici di indennizzo proprio per i danni provocati dalla fauna selvatica, che si aggirano tra i 50-60 milioni di euro l’anno.
Nel Ddl è prevista poi la possibilità dell’estensione della stagione venatoria. Viene data più autonomia alle regioni, che potranno posticipare il periodo oltre il limite del 10 febbraio, «previa acquisizione del parere obbligatorio dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) e del Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale (Ctfvn)». Tra le aree vietate, è specificato, sono comprese le spiagge (dove non è in alcun modo praticabile l’attività venatoria), i parchi nazionali e regionali, le oasi di protezione e le zone di ripopolamento e cattura. Non rientrano invece in questo gruppo i territori del demanio forestale e anche i valichi montani interessati dalle rotte di migrazione, nei quali viene abolito il divieto generale di caccia. Di questo si sta discutendo anche nel Ddl Montagna attualmente alla Camera.
Tra le altre novità, l’uso senza limiti numerici di richiami vivi (uccelli selvatici usati come esche) allevati in cattività, purché inanellati. Presente nel disegno di legge anche l’intenzione di consentire l’uso di strumenti ottici e optoelettronici nella caccia di selezione agli ungulati. Infine, è stata potenziata la funzione degli Ambiti territoriali di caccia (Atc), a cui è affidato il compito di promuovere sinergie con il mondo agricolo, e sono state introdotte sanzioni pecuniarie nei confronti di chi ostacola il controllo e il contenimento della fauna selvatica.
«Quelle circolate nei giorni scorsi», riguardo alla possibilità di effettuare l’attività venatoria anche in spiaggia, di notte e verso specie protette, ha aggiunto Lollobrigida, «sono fake news». Sulla stessa scia il presidente nazionale di Federcaccia Massimo Buconi, che in un video pubblicato negli scorsi giorni ha definito la riforma «una proposta seria per rendere più efficace la gestione delle popolazioni selvatiche e più precisa la regolamentazione dell’attività venatoria».
Diversa la posizione degli ambientalisti, che hanno ribattezzato il Ddl come “sparatutto”. «Si tratta di un vero e proprio attacco frontale sferrato da una politica ideologicamente schierata dalla parte dei cacciatori e contro la vita degli animali selvatici», denunciano Animalisti Italiani, Enpa, Lac, Lav e Lndc Animal Protection. Le associazioni hanno risposto con la Proposta di Legge d’iniziativa popolare che abolisce la caccia, rafforza la tutela di orsi e lupi, aumenta l’estensione delle aree protette e vieta ai cacciatori di entrare nelle proprietà private.

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