«La legittimazione arriverà con il referendum»

Parla il costituzionalista Francesco Saverio Marini, che ha lavorato al testo. «Per il secondo governo maggioranza ampliabile»
November 2, 2023
«La legittimazione arriverà con il referendum»
Imagoeconomica | Il costituzionalista Francesco Saverio Marini
«Il referendum al termine dell’iter parlamentare darebbe legittimazione a una riforma che incide sul funzionamento della democrazia», sostiene il costituzionalista Francesco Saverio Marini, vicinissimo a Giorgia Meloni, considerato uno dei “padri” del premierato all’italiana adottato ieri dal governo. A suo avviso la norma “anti-ribaltone” non esclude possibili allargamenti della maggioranza e, quanto al capo dello Stato, non avrebbe alcun motivo di dimettersi una volta passata la riforma, «che - dice convinto - non incide, se non in minima parte, sul suo ruolo».
Non sarebbe auspicabile che i consensi si allarghino in Parlamento oltre i due terzi, per evitare il referendum confermativo che fece cadere le riforme Berlusconi e Renzi?
Trovo auspicabile invece che si vada a referendum, di modo che su una riforma così importante si possano pronunciare anche i cittadini.
Con questa riforma si può parlare ancora di democrazia parlamentare?
Tecnicamente si tratta di una democrazia neo-parlamentare: è sempre il Parlamento a dare la fiducia al presidente eletto, che peraltro può anche essere sostituito, anche se una volta sola.
Ma l’esecutivo, con il premio di maggioranza del 55%, non finisce per mettere sotto controllo il potere legislativo?
Il rafforzamento degli esecutivi è un fenomeno diffuso in tutte le democrazie occidentali, fisiologico anche alla luce del fatto che negli organismi sovranazionali è il governo a rappresentare il Paese, più che i capi di Stato. A differenza delle tradizionali forme di premierato non c’è la formula simul stabunt simul cadent, ma il presidente eletto può essere sostituito, e questo restituisce una sua centralità al Parlamento, anche se un po’ indebolisce il presidente eletto.
Col paradosso che il presidente subentrante è quello inamovibile, perché in caso di sfiducia si torna al voto.
Avendo la riforma come obiettivo la stabilità non si poteva consentire un numero infinito di cambi di governo. Ma noi pensiamo che ci sarà un effetto virtuoso: è molto difficile che un presidente eletto con una maggioranza solida in Parlamento possa essere sfiduciato, nella consapevolezza peraltro che si andrebbe incontro a una crisi di governo difficilissima, non essendo prevista un’ulteriore possibilità. Viene così introdotto un minimo di flessibilità legata più che altro all’ipotesi di un evento accidentale, che con questa previsione non comporta la fine della legislatura.
Il nuovo governo non dovrà cambiare programma e indirizzo politico. Ma la maggioranza potrebbe trovare per strada nuove adesioni?
Potrebbe accadere, non si può escludere.
Perché avete scartato modelli consolidati come il cancellierato alla tedesca?
Sul tavolo c’erano varie ipotesi, anche il modello americano e quello francese. Il cancellierato lo abbiamo scartato perché comporta l’uomo solo al comando che, attraverso la sfiducia costruttiva, può anche restare al suo posto con cambi di maggioranza che noi invece escludiamo. Inoltre con il cancellierato i poteri del capo dello Stato sarebbero stati davvero modificati e ridotti.
Ma senza nomina del capo del governo e scioglimento delle Camere, i suoi poteri non sono comunque molto ridotti?
Non direi. Di fatto, sin dai tempi di Prodi e Berlusconi il capo dello Stato con le consultazioni recepisce dai partiti l’indicazione venuta dal voto. Tolta anche la nomina dei senatori a vita (ricollegabile alla riduzione del numero dei parlamentari, per non rischiare di alterare gli equilibri politici in Parlamento) restano intatti tutti gli altri poteri e non sono pochi: la promulgazione delle leggi, la presidenza del Csm e del Consiglio supremo di Difesa, la nomina dei giudice costituzionali...
Ma con la legge elettorale attuale i leader di maggioranza controllerebbero il 55% del Parlamento come un consiglio di amministrazione...
È chiaro che deve essere cambiata la legge elettorale, e il testo prevede all’articolo 3 una nuova norma per l’elezione delle Camere e del presidente del Consiglio che rispetti i «principi di rappresentatività e governabilità», in modo da restituire ai cittadini il potere di selezionare la classe dirigente. Lo si può fare con le preferenze o con i collegi uninominali, magari molto ristretti.
Lei auspica il referendum. Ma non si rischia così di trascinare il capo dello Stato in carica in campagna elettorale, in difesa della Costituzione vigente, per il solo fatto che è tenuto fino all’ultimo giorno ad attuarla?
Non vedo il problema, visto che il suo ruolo non è in discussione.
Una volta approvata la riforma Mattarella potrebbe valutare le dimissioni?
Non vedo il motivo, per la stessa ragione.
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