Il calcio dei bambini: quanto spendono le famiglie, quanti arrivano al professionismo
Coinvolte 11.282 società per una popolazione di oltre 1 milione di tesserati

«Io sono stato un esempio di precocità agonistica e non me ne pento. Al tempo stesso, sull’altare dei miei sogni ho sacrificato l’adolescenza, l’ho persa. E con il senno di poi un po’ mi dispiace. Ho avuto quello che volevo, ma ho lasciato per strada qualcosa che nessuno mai potrà restituirmi…». Sono le parole di un campione del mondo del 1982, il difensore azzurro Giuseppe Bergomi, che quando alzò la Coppa sotto il cielo di Madrid aveva appena 18 anni. Un messaggio da conservare e da tramandare. Così come prima di parlare di calcio giovanile, tutti, a cominciare dai genitori, dovrebbero scolpirsi nella mente la frase che il presidente del Nonantola, Matteo Masetti, qualche anno fa affisse sulla porta degli spogliatoi dei suoi ragazzi: «Chi pensa di avere un figlio campione è pregato di portarlo in altre società».
Come un pallone, rilanciamo questo monito a tutti i protagonisti della stagione calcistica che è da poco iniziata per i ragazzi italiani in età tra i 7 e i 18 anni. Piccoli calciatori crescono che ogni settimana scendono in campo con il sogno, più o meno dichiarato, di arrivare un giorno a calcare l’erba degli stadi del professionismo. Ma per molti di loro, purtroppo, quei campi rimarranno una chimera: uno su 2 mila ce la fa, a diventare un calciatore professionista. Per la precisione uno ogni 2.358 aspiranti appartenenti alla grande galassia del calcio giovanile e dilettantistico nazionale, non senza dover superare mille ostacoli e compiere altrettanti sacrifici, alla fine riesce ad approdare al grande calcio. Sacrifici condivisi con le proprie famiglie che per garantire l’iscrizione alla scuola calcio ogni anno devono versare una media di 600-700 euro. Un investimento che porta nelle casse dei vari club che fanno formazione calcistica quasi 500 milioni di euro a stagione.
I ragazzi giocano e i genitori assieme ai dirigenti, specie quelli più ambiziosi, coltivano assieme al ragazzo il sogno di portarlo al vertice per ottenere il relativo premio federale di valorizzazione. Ma l’ultimo report della Figc 2025 informa che su 650 talenti dei nostri settori giovanili 541 sono arrivati a giocare in serie C, 49 in B e 46 in Serie A.
Delle gocce in un oceano popolato da oltre 1 milione di tesserati, che coinvolge quasi 11.282 società e ben 58.522 squadre con 672.835 calciatori coinvolti nell’attività di Settore Giovanile e Scolastico. Un circuito agonistico che la passata stagione ha animato 477mila partite ufficiali. E un quarto degli introiti dell’industria calcistica italiana, circa 3 miliardi di euro, deriva da questo comparto del pallone giovanile e dilettantistico che rappresenta la speranza per il domani, ma anche una ferita aperta all’interno di un sistema che ha più ombre che luci. E per illuminare questi campi troppo distanti dai riflettori del villaggio mediatico, concentrato quasi esclusivamente sui campi dove giocano le grandi stelle del football, abbiamo pensato di compiere un viaggio da Nord a Sud, con una serie di addetti ai lavori che ci spiegheranno la reale portata del fenomeno e talora del “caso” del calcio giovanile italiano.
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