I ragazzi dell'Oasi di pace: «Noi, testimoni di una convivenza possibile»
di Redazione
A Cava de' Tirreni l'accoglienza estiva di un gruppo di ragazzi arabi ed ebrei della comunità israeliana di Neve Shalom Wahat al-Salam

«Veniamo da un villaggio in Israele. Si chiama Neve Shalom Wahat al-Salam (wasns.org). In ebraico e in arabo “Oasi di pace”. Vogliamo che il mondo sappia che palestinesi e israeliani possono vivere insieme in pace. Noi ne siamo la prova vivente». La mattina del 19 agosto, Ahava, quattordici anni, ebrea, ha scelto queste parole in una sala gremita del Comune di Cava de’ Tirreni (Salerno) per presentarsi di fronte al sindaco, Vincenzo Servalli, e alla cittadinanza. Accanto a lei c’era Aya, tredici anni, palestinese, amica del cuore con cui è cresciuta.
Dal 18 al 27 agosto Cava de’ Tirreni ha accolto otto ragazzi tra i tredici e i quindici anni – israeliani e palestinesi, musulmani, cristiani ed ebrei – dal villaggio fondato oltre cinquant’anni fa su una collina a ovest di Gerusalemme dal padre domenicano Bruno Hussar.
Un esempio unico di convivenza alla pari tra famiglie dei due popoli. Un modello di dialogo e di educazione alla pace che, nonostante le grandi fatiche di questo tempo, resiste. E da due anni vede gli abitanti in prima linea nel movimento israeliano di protesta per chiedere la fine della guerra.
A ospitare i ragazzi e il papà che li accompagnava, una rete di famiglie attivata dall’Associazione Eugenio Rossetto (www.associazionerossetto.org), realtà impegnata da trent’anni nell’accoglienza e nella cooperazione. Partner del progetto l’Associazione Italiana Amici di Neve Shalom Wahat al-Salam (oasidipace.org), i cui soci hanno co-finanziato parte delle spese.
«Questi giorni in Italia significano moltissimo per i nostri ragazzi», aveva spiegato alle famiglie italiane Samah Salaime, portavoce della comunità del Villaggio, in uno degli incontri preparatori online. «Per loro è la prima vacanza in due anni. Due anni in cui sono stati circondati da guerra e distruzione, che ancora continuano».
Nato come tappa conclusiva di un percorso seguito dai ragazzi lungo tutto l’anno sui temi della leadership e della responsabilità personale, il viaggio aveva due obiettivi: offrire una pausa dalla guerra e avviare una conoscenza reciproca tra la comunità del Villaggio e quella di Cava de’ Tirreni.

A detta degli organizzatori, il bilancio è quello di dieci giorni intensi, interamente condivisi con le famiglie ospitanti, i loro figli e una cerchia di volontari. Si sono alternati momenti e incontri istituzionali – con i sindaci Vincenzo Servalli di Cava de’ Tirreni e Cecilia Francese, di Battipaglia, e con il Lions Club Cava Vietri e Eboli Battipaglia – e gite alla scoperta della bellezza di Napoli, Amalfi, Vietri, Ercolano, Paestum. A Napoli anche un caloroso, informale incontro con Kurtam Shafik, Presidente della comunità palestinese della Campania. Quindi una visita e incontri al Giardino dei Giusti di Battipaglia, una giornata al mare, diversi workshop (dalla preparazione di una vera pizza napoletana a laboratori creativi di ceramica, laser cut e penna 3D…).
Non sono mancati gli abbracci e le lacrime, mercoledì, alla partenza del gruppo dall’aeroporto di Napoli. «Realizzare questa accoglienza non è stato facile, si sono dovuti dipanare con tenacia tanti nodi. Ma ora questi ragazzi sono diventati parte delle famiglie accoglienti», dice Ferdinando Castaldo d’Ursi, presidente dell’Associazione Eugenio Rossetto. «Quanto vissuto è una ricchezza che resterà a tutti, ospiti e ospitanti. Ora, con l’aiuto dell’Associazione Italiana che sostiene il Villaggio, ci piacerebbe continuare questo legame. Abbiamo un sogno: un gemellaggio tra Neve Shalom Wahat al-Salam e il Comune di Cava de’ Tirreni. La nostra città ha una lunga tradizione in questo campo».
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