«I corridoi umanitari, via legale per tornare a vivere». A Roma 41 arrivi
di Redazione
Provengono da Yemen, Sudan e Somalia e saranno accolti da sei Caritas diocesane a Trieste, Pescara, Capua, Teggiano, Teano e Cerreto Sannita. «Così le comunità cristiane si mettono in movimento»

È una nuova tappa di vita sia per le persone accolte che per le comunità che accolgono. L'arrivo a Fiumicino di 41 persone rifugiate (in tutto si tratta di 11 famiglie) è stato l'ultimo atto dei corridoi umanitari voluti dalla Chiesa italiana per dimostrare che l'accoglienza dello straniero è possibile. Le 41 persone arrivate in Italia, attraverso la Giordania, provengono da Yemen, Sudan e Somalia. Saranno accolte a Trieste, Pescara, Capua, Teggiano, Teano e Cerreto Sannita. Grande la gioia del primo contatto, avvenuta direttamente in aeroporto, dopo mesi di lavoro impegnativo dietro le quinte. L’équipe di Caritas Italiana, in collaborazione con Caritas Giordania, ha preparato le partenze e sta già lavorando ai prossimi corridoi umanitari già programmati.
«Sono stati giorni permeati da volti, storie e speranze: abbiamo incontrato donne e uomini rifugiati - hanno sottolineato gli operatori di Caritas -. Nei racconti di queste persone si sono intrecciati guerra e persecuzioni, studi interrotti e famiglie divise, torture e discriminazioni. Ma soprattutto abbiamo raccolto sogni di futuro: desiderio di pace, di lavoro, di normalità, di poter tornare a volare con ali che la violenza aveva spezzato». Nei colloqui si verificano i requisiti per l’accesso ai corridoi umanitari verso l’Italia, che per Caritas rappresentano «una via sicura e legale, che permetterà a queste persone di ricominciare a vivere con dignità».
Per don Marco Pagniello, direttore di Caritas italiana, che ha scritto la postfazione del libro "L'altra strada", in cui si raccontano queste esperienze di condivisione, «ogni parrocchia, ogni associazione, ogni cittadino può fare la differenza, partecipando attivamente alla costruzione di una società più giusta. La Chiesa, spesso come voce solitaria nel deserto, continua ad annunciare che l’integrazione è davvero possibile, animata dalla certezza che il servizio, il dono di sé, il desiderio di fraternità sono l’unica strada per costruire comunità inclusi ve e affermare la pace». Per il segretario della Cei, monsignor Giuseppe Baturi, «i corridoi umanitari assumono la dimensione di un "pellegrinaggio comunitario". È la comunità tutta che si mette in movimento, che si lascia evangelizzare dall’incontro reciproco, che scopre il senso profondo dell’ospitalità come stile e vocazione per tutti».
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