Gli ultimi dati dicono che l'Italia non sta facendo abbastanza sul clima

Nel 2025 la Penisola retrocede al 46esimo posto, perdendo tre posizioni. In testa nell’elenco di Germanwatch c'è la Danimarca, seguita da Regno Unito e Marocco.
November 18, 2025
Gli ultimi dati dicono che l'Italia non sta facendo abbastanza sul clima
Smog sui cieli di Milano e Lombardia / FOTOGRAMMA
A dieci anni dall’Accordo di Parigi, l’azione climatica globale fa progressi ma i Paesi del mondo procedono troppo lentamente nel raggiungere gli obiettivi preposti. E l’Italia continua a perdere terreno. La conferma arriva dalla classifica “Climate Change Performance Index 2026” stilata dal rapporto Germanwatch, CAN e NewClimate Institute, realizzato in collaborazione con Legambiente per l’Italia, e presentato oggi alla COP30 in Brasile. Nel 2025 la Penisola retrocede al 46 esimo posto in classifica, perdendo tre posizioni rispetto allo scorso anno (era 43esima) e ben 17 rispetto al 2022 (quando era 29esima). La Penisola paga lo scotto di una politica climatica nazionale (58° posto della specifica classifica) fortemente inadeguata a fronteggiare l’emergenza climatica. Lo studio prende in considerazione la performance climatica di 63 Paesi, più l’Unione Europea nel suo complesso, che insieme rappresentano oltre il 90% delle emissioni globali. La performance è misurata, attraverso il Climate Change Performance Index (CCPI), prendendo come parametro di riferimento gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e gli impegni assunti al 2030. «Quanto emerge dal report Germanwacth 2026 - commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – conferma quanto poco stia facendo l’Italia nel contrasto alla crisi climatica. Sul fronte energetico il nostro Paese continua ad avere una visione miope che sta facendo fare solo passi indietro anche nella lotta alla crisi climatica, creando al tempo stesso nuove dipendenze energetiche dall’estero, da Paesi instabili politicamente. Il governo Meloni usi buon senso e non dimentichi che la Penisola può diventare un hub delle rinnovabili attraverso un modello fondato su fonti pulite, reti, accumuli ed efficienza. Solo così sarà possibile vincere la sfida della duplice crisi, energetica e climatica, che rischia di mettere in ginocchio l’Italia e compromettere la competitività della nostra economia»

Il focus Italia

Nel periodo 1990-2023 le emissioni climalteranti italiane sono diminuite del 26.4% e con le politiche correnti, secondo le proiezioni Ispra, entro il 2030 sarà possibile una riduzione delle emissioni nazionali di solo il 42%. Ritardo dovuto anche alla crescita ancora lenta delle rinnovabili. Nel 2023 la quota del consumo da fonti rinnovabili, sul consumo finale lordo di energia, si è attestato ad appena il 19.6%, performance fortemente inadeguata a raggiungere l’obiettivo del 39.4% previsto dal Pniec (il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima). L’Ispra sottolinea, infatti, che il ritmo di crescita delle rinnovabili dovrebbe essere circa quattro volte superiore rispetto al passato per centrare l’obiettivo del Piano.

La classifica globale

Tornando al report, anche quest’anno le prime tre posizioni della classifica non sono state attribuite, in quanto nessuno dei Paesi ha ancora raggiunto la performance necessaria per contribuire a contenere con efficacia il surriscaldamento del pianeta entro la soglia critica di 1.5°C. Si conferma in testa alla classifica con il quarto posto la Danimarca, grazie soprattutto alla significativa riduzione delle emissioni climalteranti ed allo sviluppo delle rinnovabili, soprattutto offshore. Segue il Regno Unito (5°) grazie ad una più ambiziosa politica climatica ed al phase-out del carbone, nonostante il ritardo nello sviluppo delle rinnovabili. Sale il Marocco che si posiziona nel terzetto di testa (6°) con un’efficace politica climatica che garantisce emissioni pro-capite molto basse e consistenti investimenti nel trasporto pubblico. Anche quest’anno, i Paesi esportatori e utilizzatori di combustibili fossili si posizionano in coda alla classifica dove troviamo, subito dopo la Russia, Stati Uniti, Iran ed Arabia Saudita.
Tra i Paesi del G20, responsabili del 75% delle emissioni globali e con un ruolo cruciale per contrastare la crisi climatica, solo il Regno Unito è nella parte alta della classifica. Mentre in basso si posizionano Sudafrica, Indonesia, Italia. Ed in fondo alla classifica Turchia, Cina, Australia, Giappone, Argentina, Canada, Sud-Corea, Russia, Usa e Arabia Saudita. La Cina, maggiore responsabile delle emissioni globali, sale al 54° posto, appena una posizione rispetto allo scorso. L’Unione europea (20°) scende di tre posizioni, con solo 15 Paesi nella parte medio-alta. Nonostante il significativo passo in avanti della Spagna (14°) che sale di 5 posizioni per la crescente efficacia della sua politica climatica ed energetica. Performance Ue condizionata dalla Germania, maggiore economia europea, che scende di ben 6 posizioni (22°), soprattutto per il programma di nuovi impianti a gas, che rischia di compromettere i considerevoli progressi nelle rinnovabili.

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