Giustizia o beffa? Il ritorno alla libertà di Giovanni Brusca

Il boss che azionò il telecomando a Capaci ha finito di scontare 25 anni, una condanna “guadagnata” grazie alla collaborazione con la giustizia. Divisi i parenti delle vittime
June 4, 2025
Giustizia o beffa? Il ritorno alla libertà di Giovanni Brusca
Ansa | Giovanni Brusca nel giorno dell'arresto
Da alcuni giorni Giovanni Brusca è un uomo libero. Il boss mafioso che azionò il telecomando della bomba di Capaci e che ordinò di uccidere (e sciogliere nell’acido) il dodicenne Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino, ha finito di scontare 25 anni di pena: una condanna contenuta, rispetto all’enormità dei crimini commessi (circa 150 gli omicidi che gli sono stati addebitati), “guadagnata” grazie alla decisione di collaborare con la giustizia. Continuerà a vivere sotto protezione dello Stato, lontano dalla Sicilia, in una località segreta.
Già quattro anni fa, quando fu scarcerato e sottoposto a libertà vigilata, usufruendo dei benefici previsti, si erano scatenate furiose polemiche. Ma il paradosso è che tutto questo accade secondo la legge in cui proprio Giovanni Falcone aveva creduto più di tutti: il magistrato, ucciso nel ’92 dalla mano di Brusca, era infatti convinto che l’uso dei “pentiti” avrebbe nuociuto gravemente a Cosa nostra. Mettere in discussione questo strumento sarebbe un po’ come tradirne la memoria. Perciò, nel nome di un bene collettivo e supremo, tocca sopportare il peso sul cuore e sforzarsi di mantenersi razionali. “Da cittadina e sorella – ha commentato Maria Falcone -, non posso nascondere il dolore e la profonda amarezza che questo momento inevitabilmente riapre. Ma come donna delle Istituzioni sento anche il dovere di affermare con forza che questa è la legge. Una legge, quella sui collaboratori di giustizia, voluta da Giovanni, e ritenuta indispensabile per scardinare le organizzazioni mafiose dall'interno". Così è avvenuto per Brusca, che “ha beneficiato di questa normativa e ha avuto un percorso di collaborazione con la giustizia che ha avuto un impatto significativo sulla lotta contro Cosa Nostra".
Sentimenti e concetti condivisi anche da Pietro Grasso, già procuratore antimafia e collega di Falcone ai tempi di Palermo. “La prima reazione è provare rabbia e indignazione. Vale per tutti, anche per me. Ma dobbiamo evitare reazioni di pancia e ragionare insieme. La legge per cui ora, dopo 25 anni di carcere e 4 di libertà vigilata, è considerato libero l'ha voluta Giovanni Falcone, ed è la legge che ci ha consentito di radere al suolo la cupola di Riina, Provenzano e Messina Denaro, che negli anni 80 e 90 ha insanguinato Palermo, la Sicilia, l'Italia". Grasso fa notare che "grazie ai segreti confessati da Brusca infatti abbiamo potuto evitare altre stragi, incarcerare centinaia di mafiosi e condannarli a pene durissime e centinaia di ergastoli. Con Brusca lo Stato ha vinto tre volte: quando lo ha catturato, quando lo ha convinto a collaborare e ora che è un esempio per tutti gli altri mafiosi. L'unica strada per non morire in carcere come Riina, Provenzano e Messina Denaro è collaborare con la giustizia”.
Meno concilianti le reazioni degli altri familiari delle vittime di mafia. Tina Montinaro, moglie di Antonio, caposcorta rimasto ucciso nell’attentato di Capaci insieme ai colleghi Vito Schifani e Rocco Dicillo, non riesce a farsene una ragione. “So bene che è stata applicata la legge ma sono molto amareggiata. Ritengo che questa non sia giustizia né per i familiari né per le persone per bene. A distanza di 33 anni i processi continuano e noi familiari non sappiamo la verità. Credo sia indegno che Brusca, per quanto abbia avuto accesso alla legge sui collaboratori di giustizia sia libero. Mi aspetto che la città di Palermo si indigni dinanzi a questa notizia. Se è vero che è cambiata. Ritengo che non si possa rimanere indifferenti".
Giuseppe Costanza, l’autista di falcone che scampò alla strage solo perché il giudice quel giorno prese il volante al suo posto, facendolo sedere dietro, non usa mezzi termini: "Queste persone che hanno ucciso anche bambini non dovrebbero uscire più di prigione. Sono molto amareggiato. E' vero, la legge va applicata. Ma quando ci sono stragi con tante persone uccise, ci dovrebbero essere giudici più consapevoli. Perché non è corretto che lui sia un uomo libero. Brusca ha scontato 25 anni di detenzione ma chi è morto non torna più in vita".
Freddezza da parte di Alfredo Morvillo, magistrato e fratello di Francesca, la moglie di Falcone morta anche lei nell’esplosione. "C'è poco da dire: la legge è questa. È una vicenda che sta nell'ordine delle cose. Ha scontato la pena, ha usufruito del trattamento previsto dalla legge per i collaboratori. Dico solo che, anche da uomo libero, resta un criminale".

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