Gara di solidarietà per il bambino simbolo del salvataggio
di Lucia Bellaspiga
«Vogliamo accoglierlo tra i nostri figli»: tanti si sono rivolti ad Avvenire commossi dal coraggio di Khalif arrivato dal Mali dopo aver camminato da solo per un anno. Tra i salvati della Mare Jon

«Vado in Europa». Con questa pazzia nel cuore Khalif si è messo a camminare, da solo. Passo dopo passo, lasciandosi alle spalle madre e padre, facendosi inghiottire dal deserto, senza paura, senza voltarsi indietro.
Ci vuole coraggio, per noi adulti occidentali che senza navigatore ci sentiamo sperduti anche nel mezzo di una metropoli affollata, ma il viaggio di Khalif, cittadino del Mali, iniziava un anno fa quando di anni ne aveva otto. «Vado in Europa perché voglio studiare e lavorare», ha detto a se stesso prima che agli altri, ma cos’era questa Europa nemmeno lo sapeva. Come un Eldorado o l’America dei nostri nonni, l’Europa di Khalif doveva essere la fine di ogni tribolazione, il luogo in cui si mangia tutti i giorni, la gente non si uccide per strada, i piccoli vanno a scuola e non a fare il soldato, se stai male ti curano.
«Studiare e lavorare». È questa la benzina che lo ha fatto marciare per un anno, tra gli stenti, il lavoro forzato per pagarsi il viaggio, le botte, i ricatti, la prigione. Gli ultimi mesi li ha passati in Libia, l’inferno sulla terra, finché una notte ha avuto il suo angolino su un gommone e ha affrontato il mare nero... A salvarlo è stata la Mare Jonio, ormai nota come 'la nave dei bambini', tanti ne portava a bordo.
«Studiare e lavorare». È questa la benzina che lo ha fatto marciare per un anno, tra gli stenti, il lavoro forzato per pagarsi il viaggio, le botte, i ricatti, la prigione. Gli ultimi mesi li ha passati in Libia, l’inferno sulla terra, finché una notte ha avuto il suo angolino su un gommone e ha affrontato il mare nero... A salvarlo è stata la Mare Jonio, ormai nota come 'la nave dei bambini', tanti ne portava a bordo.
«Quando sarò in Europa potrò mandare soldi ai miei genitori», ha spiegato sei giorni fa al giornalista di Avvenire, Nello Scavo, a bordo della Mare Jonio, prima di essere sbarcato dai soccorritori della Guardia Costiera sulla spiaggia di Lampedusa. Hai qualcuno ad aspettarti in Italia o in altri Paesi? «Non ho nessuno. Farò tutto da solo». Che paura può fare un continente intero, pur sconosciuto e poco accogliente, quando a nove anni si è già traversato il Sahara e si ha vinto la sfida con il mare? Anche i tre giorni di stallo sulla nave in balìa dei cavalloni, aspettando che l’Italia permettesse il trasbordo dei piccoli, sarà stato poco più di un inciampo, solo l’ultimo in ordine di tempo. Nel suo futuro c’è ben altro cui pensare, «farò da solo, non ho nessuno che mi aspetti».
"Ecco, direttore, perché le sto scrivendo", dice una delle tante lettere arrivate con ogni mezzo al nostro giornale, "per dirle che da questo momento Khalif ha qualcuno che lo aspetta in Italia, io e la mia famiglia abbiamo il desiderio di ospitarlo". A scrivere questa volta è Francesca, insegnante di scuola primaria in Piemonte e madre di tre bambini: "Per questo mi ha impressionato molto la sua storia, perché i miei figli sono coetanei di Khalif. Leggendo l’articolo ho provato a immaginare questo bambino che attraversa l’Africa da solo e ho pensato ai miei figli, che io non mando neanche a prendere il pane dall’altra parte della strada per paura che capiti loro qualcosa...". Un quarto letto, una sedia in più attorno al tavolo e il calore di una famiglia, questo ha da offrirgli, e chiede ad Avvenire con chi mettersi in contatto per realizzare il progetto.
Il bambino ancora non lo sa, ma sono in molti ad attenderlo in tante case di questa Italia
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