Foto e commenti sui bambini: su Telegram c'è un gruppo che non viene chiuso

“Dipreisti”, su Telegram, vive dei post e dei commenti di migliaia di minori. Don Di Noto (Meter) «Perché il silenzio quando le vittime sono i più piccoli?»
August 27, 2025
Foto e commenti sui bambini: su Telegram c'è un gruppo che non viene chiuso
. | Nel gruppo “Dipreisti” su Telegram si condividono e commentano le immagini dei bambini e degli adolescenti
Non solo mogli, ma adolescenti, giovani fidanzate e persino bambine: «Scambio la mia ex nuda 2007», «Chi scambia mino?», «Chi ha ped0?», «Condividiamo foto di amiche»: sono solo alcuni dei messaggi osceni che circolano nel gruppo Telegram “Dipreisti”. La denuncia arriva dall’Associazione Meter, fondata e presieduta da don Fortunato Di Noto, da 35 anni in prima linea nella lotta agli abusi sui minori e nel monitoraggio della rete. «Questo gruppo esiste da sei anni e da allora lo segnaliamo alla Polizia Postale» spiega. «Viene cancellato e si rigenera nel giro di pochi giorni grazie a bot automatici. L’ultima denuncia è stata giovedì scorso, ma è già stato riaperto. Siamo di nuovo a migliaia di iscritti».
Prima della chiusura più recente, il canale contava circa 16mila membri. All’interno si scambiano decine di messaggi al minuto, con richieste esplicite di immagini, video e incontri. In alcuni casi si parla di “regalini” in cambio di materiale, altrove si leggono richieste di “scambi mino”, “ex nude”, “video dell’amica che piange”. Frosinone, Napoli, Modena, Brescia, Verona, Milano: la provenienza degli utenti copre tutto il territorio nazionale. «Non possiamo ridurre la pedopornografia a un semplice “scambio di immagini”», dice don Di Noto. «Dietro ci sono bambini e bambine abusati, traumatizzati, esposti a una violenza permanente. È un reato gravissimo, un crimine strutturato e in crescita. Eppure manca la consapevolezza: manca una reazione pubblica». L’indignazione, osserva, è esplosa davanti a gruppi che coinvolgevano donne adulte inconsapevoli. «E giustamente. Ma se scoppia un caso per le foto private condivise di una moglie, perché il silenzio quando le vittime sono bambine e perfino neonati?».
Le stesse chat contengono intimidazioni contro l’Associazione Meter e chi la sostiene. «Ci insultano e rivolgono minacce contro di me e l’associazione. Ma il problema è che chi denuncia viene intimidito, mentre chi abusa continua indisturbato. Serve una svolta». Una risposta più decisa non può limitarsi alla rimozione dei canali: «Bisogna individuare le persone, una a una. Gli amministratori, chi scambia, chi compra. Va fatta una vera retata. Le tecnologie per identificare gli IP esistono, ma la privacy viene ancora considerata più importante della protezione delle vittime. Senza una normativa chiara, le forze dell’ordine hanno le mani legate». Secondo don Di Noto, serve una legge che consenta di agire più rapidamente, anche in collaborazione diretta con i provider. E soprattutto un cambio di percezione: «Questa non è solo una perversione, è criminalità organizzata. C’è una monetizzazione spaventosa. Alcune immagini possono arrivare a costare mille euro. Ci sono listini veri e propri». Il fenomeno, dice, è in continua evoluzione. «Noi monitoriamo anche Signal, che si presenta come una fondazione per la privacy ma ospita migliaia di contenuti illeciti. E Telegram, dove le chat possono distruggere i messaggi dopo 24 ore, rende tutto ancora più difficile».
Secondo i dati raccolti dall’Associazione Meter stiamo parlando di milioni di bambini che vengono coinvolti in atti sessuali: «È un fenomeno in profondo aumento e, per di più, la preversione pedofila cerca bambini sempre più piccoli. Abbiamo segnalazioni di neonati abusati ed esposti in rete». Giovanissimi che vengono abusati nella maggior parte dei casi da familiari che poi pubblicano video e foto online. La violenza, spiega, non è mai solo digitale: «Lo diceva anche Papa Francesco: “Chi abusa, uccide. È un omicidio psicologico”. Gli stiamo distruggendo l’infanzia e il futuro. C’è chi pensa si tratti solo di una foto, che non sia un grande problema: nei nostri centri di ascolto i traumi delle vittime di abuso sono reali».

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