Dopo 5 anni il Covid è arrivato in tribunale

Venerdì a Roma l'udienza preliminare per alcuni ex dirigenti del ministero della Salute, imputati coattivamente dal gip. I familiari: vogliamo giustizia
October 16, 2025
I parenti delle vittime fuori dalla Procura di Bergamo durante il Denuncia Day, il 10 giugno 2020
I parenti delle vittime fuori dalla Procura di Bergamo durante il Denuncia Day, il 10 giugno 2020
Il Covid entra per la prima volta in un’aula di tribunale. Inizia venerdì mattina a Roma l’udienza preliminare sull’imputazione coatta nei confronti di Ranieri Guerra, Giuseppe Ruocco, Francesco Maraglino e Maria Grazia Pompa, che a partire dal 2013 hanno ricoperto il ruolo di direttori generali della Prevenzione e segretario generale del ministero della Salute (Ruocco) a partire dal 2013. I quattro sono accusati di omissione di atti di ufficio, in concorso fra loro. Ma, implicitamente, sul banco degli imputati salirà l'intera gestione centrale della pandemia che investì prima Bergamo e poi l'Italia intera nel 2020. L’udienza è lo sbocco del filone romano della maxi inchiesta della Procura orobica, che aveva indagato sulle presunte responsabilità politiche e tecniche nell'affrontare le prime fasi dell'emergenza sanitaria. L'indagine, conclusasi a marzo 2023, per competenza territoriale era finita a Roma. Si tratta della parte sul mancato aggiornamento del piano pandemico nazionale in vigore al gennaio del 2020 e in generale sulla mancata preparazione dell’Italia nel rispondere al contagio. Il filone è rimasto aperto grazie all’opposizione all’archiviazione avanzata dai legali dei familiari delle vittime dell’Associazione #Sereniesempreuniti. A giugno dello scorso anno c’era stata la discussione in aula davanti al gip Anna Maria Gavoni, che alla fine aveva imposto l’imputazione coatta degli indagati: la procura aveva infatti chiesto di archiviare per prescrizione dei reati contestati. Al termine dell'udienza preliminare il giudice dovrà decidere se rinviare a giudizio i quattro.
A Roma saranno presenti decine di familiari delle vittime provenienti da diverse parti d’Italia, non solo da Bergamo, per portare avanti la loro battaglia giudiziaria e civile. «Saremo a Roma al fianco dei nostri legali - commentano dal direttivo di #Sereniesempreuniti - perché è un’azione che incarna il senso civico di tutti i cittadini che hanno perso qualcuno per la negligenza di questi tecnici o che hanno comunque rischiato di essere esposti al pericolo per la loro vita in conseguenza delle omissioni che sono perdurate negli anni contribuendo ad esporre l’Italia alla pandemia». Anche l’associazione #Sereniesempreuniti sarà tra le parti offese e chiederà di essere autorizzata a costituirsi parte civile. In aula saranno presenti i legali dei familiari e i legali degli imputati. «Crediamo fermamente nella giustizia - commenta Consuelo Locati del team legale - e confidiamo che i diritti dei familiari e di coloro che hanno subito un danno possano trovare un’adeguata tutela in un processo perché questo è il senso del lavoro che da 5 anni stiamo portando avanti per far emergere la verità giudiziaria e le responsabilità di cui funzionari e dirigenti dovranno farsi carico anche di fronte a tutti i cittadini italiani». Quella di venerdì 17 sarà una giornata storica per i familiari: dopo 5 anni le loro denunce arrivano finalmente in aula. Una speranza di giustizia, che riscatti almeno in parte dolore e amarezze subite. I parenti chiedono conto della mancanza di dpi e di tamponi, così come della mancata istituzione della zona rossa: elementi che avevano già trovato conferme nelle perizie tecniche dei professionisti incaricati dalla Procura di Bergamo. La tesi dei familiari è cruda e semplice: di fatto, se l’Italia fosse stata pronta, non ci sarebbe stata la strage così come si è verificata. Ora bisognerà vedere se diventerà una verità giudiziaria.

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