Dopo 25 anni Crotone si sta liberando dei rifiuti pericolosi sulla costa
Iniziata la bonifica dell’ex area industriale,una sorta di discarica irregolare dove sono state depositate quasi 900mila tonnellate di scarti di produzione

Un passo storico, atteso da un quarto di secolo dalla gente di Crotone e di tutta la Calabria. Perché i veleni vomitati il secolo scorso dal sogno industriale della città di Pitagora hanno ammorbato anche il resto della regione. E se alcune discariche sono state individuate e bonificate (Cassano e Cerchiara nel Cosentino) si teme che altre restino nascoste a minacciare le popolazioni. Ieri è iniziata la rimozione dei residui industriali depositati a pochi metri dal mare e mai smaltiti correttamente. Di buon mattino partiranno i primi camion individuati per portare via da Crotone e dalla Calabria oltre 400mila tonnellate di rifiuti non pericolosi assieme a 360mila tonnellate di rifiuti pericolosi, ma non contenenti Tenorm e Amianto. Si inizierà con circa 2mila tonnellate non pericolose delle circa 10mila già rimosse, stoccate nelle baie di protezione e sicurezza realizzate in aree private da Eni Rewind spa, denominati D15 non Tenorm. Dopo le procedure di caratterizzazione, selezione e omologazione, i materiali saranno caricati su oltre cento automezzi pesanti (circa quindici camion al giorno) e trasferiti in impianti e discariche autorizzati in varie Regioni d’Italia. Durante tutte le fasi, spiega il Commissario del Sito di interesse nazionale (Sin) Crotone/Cassano/Cerchiara, Emilio Errigo, saranno effettuati rigorosi controlli ambientali e sanitari grazie al supporto di Carabinieri e Arpacal. I rifiuti pericolosi non contenenti Tenorm e Amianto andranno all’estero (il primo lotto in Svezia), mentre non c’è ancora destinazione per quelli che serbano pure i due pericolosi inquinanti. Nei giorni scorsi un’ordinanza del Tar Calabria ha imposto di portare fuori Regione i rifiuti pericolosi senza Tenorm e Amianto.
«Questa bonifica rappresenta la prima vera azione concreta contro una discarica abusiva, mai autorizzata per questo scopo dalla Regione Calabria, e dove per decenni sono stati depositati rifiuti contenenti metalli pesanti, radionuclidi e amianto», spiega il commissario del Sin, il generale Emilio Errigo. Che aggiunge sull’appuntamento con la storia: «Questa è una data da ricordare: il frutto dell’impegno congiunto di tanti soggetti che, pur tra confronti e contrasti, hanno unito le forze per realizzare ciò che per troppo tempo era stato rimandato: ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, ministero della Difesa, ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Commissario straordinario, Regione Calabria, Provincia di Crotone, Comune di Crotone, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, Prefettura, Guardia di finanza, Polizia di Stato con in testa la questura di Crotone, Arcapacal, Capitaneria di Porto, Autorità di Sistema Portuale dei Mari Tirreno Meridionale e Ionio, Soprintendenza Archeologia - Belle Arti - Paesaggio per le province di Catanzaro e Crotone, Provveditorato Interregionale per la Sicilia e Calabria, Anas, Ferrovie dello Stato, Polizia Stradale, Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, Sogesid».
Non finisce qui. Il commissario spiega che i prossimi passi saranno mirati a completare la bonifica dell’area fronte mare, a liberare, come stabilito dal Tribunale di Milano, la città dai Cic (Conglomerato idraulico catalizzati), a restituire la fruibilità all’area archeologica, alla foce del fiume Esaro e all’area marino-portuale.
«Questo – dice Errigo - significherà restituire dignità, fiducia ed economia a una città che ha pagato un prezzo altissimo al suo passato industriale. Una storia industriale e umana, difficile, complessa e complicata da ricordare e raccontare oggi, iniziata nei primi anni '20 del secolo scorso con la costruzione delle Centrali Idroelettriche della Sila, proseguita negli anni '30 con la industrializzazione dei territori agricoli del Marchesato e terminata negli anni '90». Inoltre si attende una conferenza dei servizi per la messa in sicurezza delle zone industriali.
© RIPRODUZIONE RISERVATA





