"Donne incinte" o "persone incinte"? I bambini sanno la risposta

In Gran Bretagna una giornalista nei guai per aver detto ciò che tutti sanno. E la felice saggezza dei piccoli, in chiesa la domenica
November 10, 2025
"Donne incinte" o "persone incinte"? I bambini sanno la risposta
Il Progetto Gemma dal 1994 è un servizio per l’adozione prenatale a distanza in anonimato, rivolto alle mamme in difficoltà tentate a rinunciare alla gravidanza.
Domenica, Messa dei bambini. Sono in tanti che, entusiasti, affollano la chiesa. Lettura del Vangelo. Gesù caccia via dal Tempio i venditori di bestiame e i cambiamonete. La Casa del Padre suo non deve diventare un mercato. Un’altra volta che il Maestro perderà la pazienza, è quando gli toccano i bambini. Guai a scandalizzarli. Ci sarebbe da parlare per un semestre intero. Nella navata laterale ho intravisto tre donne incinte. Le conosco bene, sono alla loro seconda gravidanza. Parlo ai bambini del dono della vita. Domando alle giovani signore se se la sentono di venire avanti. Lo fanno. Uno spettacolo. Chiedo ai bambini il motivo di quel pancione. «C’è un figlio dentro», urlano. Chiedo alla prima erede di Antonietta chi c’è nel pancione della sua mamma. «Maria Rosaria, la mia sorellina», risponde felice. In fondo alla chiesa, defilato come sempre, c’è il capitano dei carabinieri. Un gigante alto quasi due metri. I bambini lo adorano. Quando lo incontrano, gli corrono incontro per essere sollevati in braccio. È teso, in questi giorni, il capitano. A Roma, Benedetta, sua moglie, attende anch’ella il momento in cui Gabriele si decide a venire alla luce. «Bambini – interrogo -, anche il capitano aspetta un figlio, ma il pancione non ce l’ha. Come mai?». Una sonora risata fa eco alla mia domanda “sciocca”. Quasi a dire: «Padre, ci prendi per stupidi?» «No, non scherzo, bambini. Per favore, aiutateci: perché queste tre belle signore hanno il pancione e il capitano no? Dove sta suo figlio?» E tutti in coro: «Nel pancione della mamma». Calma, signori. Adesso si fa sul serio. A nessuno è dato di imbrogliare le carte in tavola. A nessuno è concesso il permesso di confondere i piccoli. Loro sanno meglio di me e di voi, che il figlio del capitano sta nel pancione della mamma. Perché, da che mondo è mondo, un neonato “scoppia”, si forma, cresce in quel santuario – unico, meraviglioso, strabiliante, affascinante – che è il grembo materno. Il papà collabora. Senza di lui anche la più potente delle donne il figlio non lo potrebbe avere. Ma il peso, la gioia, la fatica, i fastidi, le emozioni, le conseguenze – fisiche, psicologiche - di questa nuova creazione avviene nel tempio sacro della mamma.
Pausa pomeridiana. Penso a Martine Croxall, giornalista della BBC che, nella terra di Sua Maestà Carlo, è stata aspramente redarguita perché durante un notiziario, invece di dire “persone incinte” come previsto dal copione, si è permessa il lusso di dire, con una impercettibile smorfia del volto, “donne incinte”. Non poteva. Non doveva. Libertà, quanto mi sei cara. Verità, quanto ti ho cercato. Ritorno ai “miei” bambini. Ridevano. Si schermivano. Sapevano bene che stavamo affrontando un discorso serio. Stavamo parlando dell’inizio della loro esistenza, del miracolo della fecondazione, del mistero immenso della loro – della nostra - vita. I cristiani – almeno essi – devono pesare bene parole, gesti, esempi, paragoni, quando ragionano con i bambini e dei bambini. I cristiani – di qualsiasi denominazione – devono ricordare le parole di fuoco di nostro Signore per non rischiare – semplicemente rischiare – di scandalizzare i piccoli, per i quali è pacifico che la prima culla della vita è la mamma. Hanno compreso che il papà in questo tempo, terribilmente e mirabilmente diverso da ogni altro tempo, deve rimanere accanto alla sua donna, sostenerla - psicologicamente, affettivamente -, servirla, farsi in quattro per evitarle qualsiasi fatica aggiunta che potrebbe nuocere a lei e al nascituro.
Insomma, il papà non è un ospite pigro che se ne sta con le mani in mano, ha un bel da fare, certamente, ma l’esperienza unica e affascinate di costruirlo dentro di sé spetta alla mamma. E soltanto a lei. Questa meravigliosa favola non l’abbiamo inventata noi. È così dalla notte dei tempi. E i bambini, questi geni di ingenuità, di normalità, di logica, lo hanno compreso bene. Ancora una volta ci conviene imparare da loro. Non stiamo affrontando qualche problemuccio, stiamo parlando di loro, di noi, dei nostri figli, del futuro dell’umanità. Spero tanto che, domenica mattina, i miei bambini, sentendomi fare domande, da essi considerate stupide, non si siano convinti che padre Maurizio è un povero stupido.

© RIPRODUZIONE RISERVATA