Slitta il verdetto sulla famiglia nel bosco. In sospeso il ricongiungimento con i figli
I giudici del Tribunale dei minorenni dell’Aquila si prendono più tempo per decidere sul caso. La riserva verrà sciolta comunque entro il 16 dicembre, data in cui si esprimerà la Corte d’Appello

Il Tribunale dei minorenni dell’Aquila si riserva la decisione sul caso della cosiddetta “famiglia del bosco”. Dopo circa due ore di discussione, ieri all’udienza di comparizione delle parti i magistrati hanno preferito prendersi altro tempo prima di dare una risposta all’ordinanza di ricongiungimento urgente presentata dai due avvocati dei genitori, che in Aula hanno depositato nuove argomentazioni su elementi non conosciuti al tempo dell’allontanamento dei minori dalla propria casa. Alla vigilia dell’udienza la speranza era che i tre bambini – uno di 8 e gli altri di 6 anni – tornassero già a vivere con la madre e il padre. Tuttavia «è stato un momento di colloquio, di confronto, di chiarimento e quindi di condivisione di un percorso, un’udienza assolutamente proficua e lunga. Si prospetta una proficua collaborazione e siamo fiduciosi dopo avere presentato i nuovi elementi», hanno detto all’uscita dal Tribunale gli avvocati Marco Femminella e Danila Solinas, che rappresentano Nathan Trevallion, inglese di 51 anni, e sua moglie Catherine Birmingham, australiana di 45 anni, entrambi non presenti in Aula. Gli avvocati della coppia sperano ancora, dunque, in eventuali modifiche al provvedimento già prima dell’esito del ricorso presentato in Corte d’Appello, fissato per il 16 dicembre.
All’udienza di ieri c’erano anche la tutrice Maria Luisa Palladino e la curatrice speciale Marika Bolognese: nel fascicolo riguardante i tre piccoli sono confluite le relazioni dei servizi sociali e della responsabile della casa famiglia dove i bimbi sono ospiti. Dai primi riscontri sembra che i piccoli si siano adattati al nuovo contesto, mostrando equilibrio e buona salute. Le relazioni sottolineano anche il senso materno e l’empatia della madre, oltre all’atteggiamento collaborativo dei genitori: un punto rilevante se si tiene conto che tra i motivi per cui i minori erano stati allontanati c’era la presunta mancanza di collaborazione. Quello di ieri è solo l’ultimo sviluppo della vicenda iniziata nel 2024, con un’intossicazione alimentare che aveva portato al ricovero dei tre bambini e al sopralluogo della casa nel bosco da parte dei carabinieri, che avevano poi segnalato la famiglia ai servizi sociali. Infine, la magistratura aveva ritenuto necessaria la sospensione della potestà genitoriale, il collocamento dei bambini in una struttura protetta e la nomina di un tutore provvisorio per garantire la loro tutela: un provvedimento in virtù del quale dal 20 novembre scorso i bambini sono stati trasferiti in una casa famiglia con la madre, che però vive in un alloggio separato e può vedere i figli solo in alcuni momenti della giornata.
Nel frattempo, Trevallion ha accettato di trasferirsi in un’altra casa, offerta in comodato d’uso a tutta la famiglia dal ristoratore Armando Carusi, e sta via via portando tutti gli effetti personali nella speranza di potere presto vivere lì con la moglie e i figli: un elemento portato ieri dagli avvocati per controbattere all’inadeguatezza del casolare sollevata come questione nell’ordinanza di allontanamento. Il comodato d’uso ha una durata di tre mesi, ma i genitori avrebbero avviato anche la ristrutturazione del proprio immobile e in particolare del bagno (quello che hanno adesso è a secco e all’esterno). Anche se la casa non fosse pronta dopo questo periodo di ospitalità, ci sarebbe sempre la disponibilità dell’abitazione offerta gratuitamente dal Comune di Palmoli. Tuttavia, quello dell’alloggio era solo uno degli aspetti problematici sollevati dalla magistratura e che gli avvocati dei genitori hanno provato a ridimensionare. L’ordinanza parlava del rifiuto di Trevallion e Birmingham a partecipare agli incontri di «supporto alla genitorialità» concordati con gli assistenti sociali e di presunti ostacoli posti dai due agli accertamenti sanitari richiesti dalla pediatra. C’era poi l’ipotesi di una deprivazione di relazioni e confronto tra pari e quella di lacune nel percorso di istruzione dei piccoli: tutti punti che la difesa sta provando a smontare raccogliendo testimonianze e documenti che accerterebbero il contrario. Non mancava infine la critica per l’esposizione mediatica dei figli: per i giudici una condotta inadeguata dei genitori che avrebbero così strumentalizzato e leso la privacy dei minorenni. Nel ricorso gli avvocati hanno invece motivato questo atteggiamento come un tentativo di mostrare la quotidianità della famiglia. Insomma, un gesto, forse disperato o ingenuo, di due genitori che non vogliono perdere i propri figli.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Temi






