Dalla qualità delle relazioni vantaggi per la competitività
L'intelligenza relazionale, anche nel lavoro, è un valore aggiunto cruciale. Il tema sarà al centro del Festival nazionale dell'economia civile

Non c’è dubbio che in un’epoca come la nostra, funestata da guerre e dazi il tema della fraternità che laicamente chiamiamo intelligenza relazionale (perché il difetto di fraternità è un vero e proprio limite di razionalità ed intelligenza) è un tema centrale. Per questo ne abbiamo fatto titolo del nostro prossimo Festival nazionale dell’economia civile. L’intelligenza relazionale ha le sue regole che vanno insegnate, apprese e praticate. I suoi benefici si declinano nella qualità della vita personale di relazioni (fondamentali per una vita ricca di senso e felice), in quella sociale ed economica delle imprese, e sono anche la chiave per la realizzazione di politiche in tutti i settori fondamentali del vivere civile (dalla salute, al lavoro ai rapporti tra gli stati nazionali).
In questo articolo vogliamo ragionare soprattutto sull’applicazione in materia di impresa, relativamente ai rapporti interni (con i lavoratori) e a quelli esterni (con gli stakeholder e le altre imprese). In materia di rapporti di lavoro l’evoluzione del modello d’impresa rende la qualità delle relazioni tra datori di lavoro e lavoratori un fattore chiave della sua competitività e produttività. Nella catena di montaggio dell’azienda Fordista magistralmente rappresentata in Tempi Moderni da Charlie Chaplin la qualità delle relazioni è irrilevante. Il lavoratore-operaio deve realizzare un compito ripetitivo e dunque subordinazione gerarchica, controllo, monitoraggio e sanzione in caso di inadempienza bastano ad assicurare il buon risultato. Le aziende di oggi sono in grandissima parte aziende di servizi e di creativi. La manifattura rappresenta infatti circa il 15% del Pil e, laddove presenta ancora catene di montaggio, il lavoratore Charlie Chaplin è sostituito molto spesso da robot e si è trasformato in un tecnico che controlla il buon funzionamento della macchina, diventando da controllato controllore. Resistono ovviamente ambiti della manifattura dove il lavoro materiale umano è ancora importante e sono quelli più delicati relativamente al problema dello sfruttamento del lavoro.
Fatta eccezione per questi ambiti la gran parte della creazione di valore economico generato dipende dal lavoro di equipes di persone con competenze diverse e non sovrapponibili che devono cooperare insieme per realizzare un’opera o un progetto. Usando il gergo corrente un lavoratore può essere un “quiet quitter” (uno che fa il minimo possibile per non farsi mandar via) o avere motivazioni intrinseche massime. La differenza è enorme. Nei moderni ambienti di lavoro inoltre, proprio perché l’attività professionale è un gioco di squadra, ci vuole intelligenza relazionale. Che è fatta di capacità di dono (che è ciò che fonda o ricostituisce relazioni), gratitudine, riconoscenza, meritevolezza di fiducia che sono doti che fondano fiducia, cooperazione e quel plusvalore che si genera quando si lavora bene assieme (uno con uno fa più di due). Le evidenze empiriche non fanno che confermare questi assunti. Nell’ultima indagine appena pubblicata dal Wellbeing Research Centre di Oxford su più di un milione di lavoratori e circa 1.800 imprese quotate la crescita della soddisfazione dei lavoratori aumenta di quasi 64mila dollari i profitti per addetto. In un recente lavoro su tutte le imprese italiane sopra i 250 addetti e un grande campione rappresentativo sotto quella soglia dimostriamo che le aziende che eccellono nell’intelligenza relazionale hanno un valore aggiunto di circa 40mila euro per addetto superiore al resto del campione.
Esiste, come dicevamo, anche l’intelligenza relazionale esterna, ovvero la capacità delle imprese di cooperare e non solo di competere tra loro. Nel mare tempestoso delle guerre dei dazi un conto è avviarsi da soli un conto è solcare le sue acque tormentate con le corazzate di grandi consorzi. Nel 1901 inizia alla Camera di Commercio di Reggio Emilia la storia del Parmigiano Reggiano perché i produttori di formaggio grana dell’epoca sono convinti a mettere assieme delle risorse per creare un marchio, investire nella qualità e nei servizi all’export. Ci sono tanti altri prodotti eccellenti in Italia che hanno avuto però la sfortuna di trovarsi in territori dove i produttori locali non hanno dimostrato altrettanta intelligenza relazionale.
Al prossimo Festival nazionale dell’economia civile presenteremo dati aggiornati di come le qualità relazionali delle imprese italiane le stanno aiutando a mantenere occupazione, fatturato ed export investendo in formazione, innovazione ed efficienza energetica. E ragioneremo assieme dei segreti e delle opportunità di sviluppo dell’intelligenza relazionale in tutte le sue dimensioni (vita individuale e sociale, vita professionale e d’impresa, politiche per il bene comune, costruzione della pace e della cooperazione internazionale).
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