Caso Bibbiano, accuse smontate: 11 assoluzioni e 3 condanne lievi
I giudici bocciano l'inchiesta "Angeli&demoni" sui presunti affidi illeciti. La procura aveva chiesto pene fino a 15 anni. La difesa: «I ladri di bambini non esistevano»

«Il fatto non sussiste». Il processo di primo grado al presunto “sistema” di Bibbiano, che secondo l’accusa insinuava ricordi di abusi nella mente dei bambini per strapparli alle famiglie e darli in affido, si è chiuso con 11 assoluzioni su 14 imputati. Un caso a dir poco controverso, quello esploso nel piccolo comune reggiano il 27 giugno 2019, ad alta esposizione mediatica (e politica), che i giudici del tribunale di Reggio Emilia hanno chiuso con una quasi totale bocciatura del castello accusatorio imbastito dalle indagini dei carabinieri e della procura.
Federica Anghinolfi, ex responsabile dei servizi sociali della Val d’Enza (zona che si estende tra Massa Carrara e l’Emilia Romagna), principale imputata, è stata condannata a due anni (pena sospesa), ma solo per falso in bilancio. È stata però assolta da tutte le altre gravi accuse che pendevano su di lei. La procura aveva chiesto 15 anni di reclusione, ma i giudici hanno sgretolato gli elementi raccolti dagli investigatori. Assolta anche Nadia Bolognini, psicoterapeuta, per la quale erano stati chiesti 8 anni.
«Oggi sappiamo che non esistono demoni contrapposti agli angeli (con riferimento all’inchiesta, che fu battezzata appunto “Angeli & demoni, ndr) - dicono difensori Oliviero Mazza e Rossella Ognibene, difensori di Anghinolfi -, che la nostra assistita non è una “ladra di bambini” e che non ha mai agito per interessi diversi da quello superiore della tutela dei minori. Questa verità giudiziale ci ripaga degli sforzi compiuti, ma non cancella la distruzione mediatica dell’immagine della nostra assistita né i danni irreparabili e incalcolabili provocati al sistema della tutela dei minori».
Di poco conto anche le altre condanne: un anno e 8 mesi all’assistente sociale Francesco Monopoli (la pm aveva chiesto 11 anni), 5 mesi a Flaviana Murru, neuropsichiatra. Per il resto, i giudici hanno pronunciato assoluzioni con alcuni proscioglimenti per prescrizione. Erano oltre cento i capi di imputazione, soltanto una manciata hanno retto alla prova del dibattimento, prolungatosi per quasi tre anni. Nell’inchiesta era stato inizialmente coinvolto (con inevitabile polemica tra partiti a livello nazionale) anche l’ex sindaco del Pd del piccolo comune, Andrea Carletti: finì ai domiciliari, ma poi durante il processo è stato prosciolto insieme ad altri due “perché il fatto non è previsto come reato”, in seguito all’abrogazione dell’abuso di ufficio. Lo scontro politico è subito riaffiorato ieri sera. «Su Bibbiano ora servirebbe solo una cosa: le scuse di Giorgia Meloni. Cari Fratelli d'Italia: adesso sì, parlateci di #Bibbiano. O non avete il coraggio di farlo?» ha scritto su X la capogruppo di Iv, Maria Elena Boschi postando una vecchia foto della premier davanti al cartello stradale del paesino.
Alla base del processo c’erano sei affidi, secondo l’accusa decisi in modo illecito, dopo aver suscitato nei piccoli ricordi di abusi mai subiti, tramite domande “suggestive”, in grado di influenzare le risposte dei giovani pazienti. «Il ricordo uscirà, farà male, ma verrà curato - aveva argomentato la pm Valentina Salvi in aula durante la requisitoria fiume, durata 7 udienze - ci saranno anni di terapia a 135 euro per 45 minuti», alludendo alle parcelle da incassare. Dalla vicenda giudiziaria era già uscito l’altro principale imputato, Claudio Foti. La Cassazione l’anno scorso aveva confermato la sentenza d’appello che aveva fatto cadere tutte le accuse nei confronti dello psicoterapeuta, che in primo grado era stato condannato a 4 anni, con il rito abbreviato. In appello invece era stato scagionato “per non aver commesso il fatto” per quanto riguarda l’abuso d’ufficio, contestato per un affidamento senza bando pubblico riguardante il centro “La cura” di Bibbiano. E poi, “perché il fatto non sussiste”, riguardo al contestato reato di lesioni dolose gravi nei confronti di una 17enne sottoposta a sedute di psicoterapia.
Sullo sfondo del processo, però, rimane il dramma dei bambini. Nel frattempo, alcuni sono stati riconsegnati alle loro famiglie. Resta in sospeso la questione angosciante dei loro racconti: non si sa, e forse non si saprà mai, se erano veritieri o anche solo verosimili. Un tribunale, però, ha stabilito che non erano stati indotti attraverso la terapia.
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