Anziani soli, e se l'amministratore di sostegno fosse un ente del terzo settore?
Arriva dalla Fondazione Terzjus la proposta, fatta propria dal Cnel, di riformare l’istituto dell’amministrazione di sostegno che oggi coinvolge circa 400mila persone

Doveva tutelare i più fragili, soprattutto quelli rimasti soli, supportarli nelle loro scelte e aiutarli nella gestione dei propri patrimoni: questa era l’intenzione del legislatore quando nel 2004 introdusse l’istituto dell’amministrazione di sostegno. Ma in più di vent’anni quello che ha prodotto, in molti casi, non è stata una valorizzazione delle capacità residue degli anziani soli o delle persone con vulnerabilità, bensì l’annullamento della loro autonomia attraverso una gestione concentrata meramente sul patrimonio. Nelle ipotesi peggiori si è andati ben oltre il controllo, arrivando al depauperamento di queste risorse o alla circonvenzione di incapace.
Ce lo racconta Luigi Bobba, presidente della Fondazione Terzjus (Osservatorio di diritto del Terzo Settore, della filantropia e dell’impresa sociale) che a fine giugno ha presentato un rapporto e un’alternativa praticabile al Cnel, il quale ha accettato di farsi carico della questione e presentare una proposta di legge per modificare la normativa in vigore.

«Oggi questo istituto riguarda circa 400mila fragili, ma di questi ben 260mila non hanno una piena capacità di autodeterminazione, a partire dal loro patrimonio. I dati del ministero della Giustizia ci dicono infatti che il 65% delle decisioni dei giudici tutelari per la nomina di un amministratore di sostegno si presentano come un mero strumento di gestione del patrimonio», spiega il presidente.
La proposta di Terzjus è dunque di modificare la norma per consentire al giudice di nominare come amministratore di sostegno gli Enti del Terzo Settore (Ets) «che hanno le caratteristiche organizzative, le competenze e i patrimoni adeguati per realizzare una funzione delicata e importante come quella dell’amministrazione di sostegno e sono per loro natura adatti a tutelare e accompagnare senza sostituirsi alla persona, proprio perché è nelle loro corde e finalità». Il modello è simile a quello già usato in altri Stati: «In una ricerca abbiamo comparato le legislazioni di sette Paesi e visto i diversi casi in cui già varie non profit esercitano queste attività, per esempio in Germania e Austria, a dimostrazione del fatto che un’altra strada è possibile».
Gli Ets, oltre ad avere le competenze per questo ruolo, potrebbero essere gli anticorpi per prevenire le storture che troppo spesso si verificano. La nomina di un amministratore di sostegno da parte del giudice tutelare, infatti, può arrivare dopo una richiesta presentata dall’interessato o altri a lui vicini. Negli anni la cronaca ha documentato come a volte le istanze vengono presentate per persone che sono ancora in grado di autogestirsi e può capitare che il giudice nomini un amministratore (un parente o un professionista, spesso un avvocato) senza tenere conto delle aspirazioni dei beneficiari o delle loro idoneità.
Purtroppo, dunque, la legge che doveva tutelare i vulnerabili diventa uno strumento per privare le persone della loro libertà e delle loro disponibilità economiche: «A volte si arriva poi anche a provvedimenti di interdizione, un istituto che limita ulteriormente la capacità di agire e che, alla luce della Convenzione dell’Onu sulle persone disabili, andrebbe cancellato dal nostro ordinamento». Una parte del patrimonio dei beneficiari del sostegno, inoltre, spesso finisce nel compenso dell’amministratore. Ma il danno può andare anche oltre i margini della legalità. «I dati ci dicono ancora che esiste un progressivo depauperamento dei patrimoni, specialmente di anziani fragili e soli. Negli ultimi dieci anni vi è stato un trasferimento di circa otto miliardi del loro patrimonio verso conti esteri», specifica Bobba, che è fiducioso di arrivare al più presto a una soluzione, perseguendo due strade. «Oltre al progetto di legge del Cnel, abbiamo anche ipotizzato una via che potrebbe essere più breve, inserendo gli Ets tra gli amministratori nominabili attraverso un emendamento al ddl delega n.2393, già approvato dal Senato e ora in discussione alla Camera. Lì, infatti, si parla già di un superamento dell’interdizione a favore dell’amministrazione di sostegno, ma anche questa va riformata perché rispecchi a pieno la sua funzione».
Che sia urgente intervenire lo evidenziano sempre i numeri. «In vent’anni abbiamo visto la crescita progressiva delle richieste di sostegno – conclude il presidente – . L’esplosione del fenomeno è dovuta sia al trend demografico che all’aumento di persone sole. Una tendenza che con l’invecchiamento della popolazione non potrà che crescere». Che ne faccia richiesta l’interessato o un parente che non lo ritiene più idoneo a gestire i suoi averi, la questione in un modo o nell’altro finirà per riguardare una fetta sempre più grande della popolazione. Per questo «è arrivato il momento di passare dalla centralità del patrimonio alla centralità della persona e della sua autodeterminazione, così come doveva essere dal principio».
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