A Londra il nodo delle truppe in Ucraina. Ma l'Europa arriva divisa
Al via il vertice con la Ue. Il presidente Zelensky abbassa i toni dopo l'agguato di Trump. Il segretario della Nato, Rutte, lo avvisa: «Ripara i rapporti con la Casa Bianca»

«Caro Volodymir, ti vogliamo bene e ti sosteniamo, ma trova il modo di rimediare con Trump...». La vigilia del vertice di Londra, che nelle intenzioni dovrebbe restituire un’immagine compatta del fronte pro-Kiev, è segnata da una sorta di lettera collettiva che i leader Ue e Nato hanno messo sotto il piatto di Zelensky.
Il presidente ucraino è già da ieri nella capitale britannica, dove ha immediatamente incontrato per un bilaterale il cancelliere Keir Starmer. Stamattina vedrà re Carlo II. Poi l’incontro con i leader, cui parteciperà anche Giorgia Meloni. La premier italiana anticiperà l’arrivo a Londra in mattinata, anche lei infatti prevede un faccia a faccia con Starmer che potrebbe assumere un valore strategico in vista della plenaria del pomeriggio.
Il sabato successivo allo choc di Washington, in ogni caso, è all’insegna della distensione. Anche Zelensky mostra la volontà di fare un passo indietro, nonostante l’eco planetaria dell’agguato subìto nello Studio Ovale. Sia nell’intervista con Fox dopo lo scontro con Trump, sia sui social, il leader di Kiev afferma di ritenere «comprensibile» che l’amministrazione Usa voglia dialogare con Putin. Non solo: Zelensky si dice pronto a firmare l’accordo sulle terre rare con gli Usa, saltato ieri dopo la traumatica lite in mondivisione e quello che ne è seguito, una sostanziale “cacciata” dalla Casa Bianca.
Un Zelensky prudente, quello che sbarca a Londra e varca la soglia di Downing Street. Reso ancora più prudente dai primi colloqui che ha avuto con gli altri leader occidentali. A rendere plasticamente la situazione è soprattutto quanto gli ha detto l’olandese Mark Rutte, segretario della Nato: «Credo, caro Volodymyr, che tu debba trovare un modo per riparare i tuoi rapporti con Donald Trump e l’amministrazione americana. Dobbiamo unirci, Stati Uniti, Ucraina ed Europa, per portare una pace duratura in Ucraina».
E a ben guardare, non è solo la posizione di Rutte. Basta leggere il viceministro italiano agli Esteri Edmondo Cirielli, di FdI, lo stesso partito della premier: «Non credo che una persona, uno Stato che ti protegge possa essere insultato nel momento in cui chiede di rivedere le condizioni. L’Europa deve lavorare con il fioretto, fare molta diplomazia per non perdere un alleato storico».
È una evoluzione rispetto alla nota di Meloni successiva al trauma di Washington, arrivata venerdì in tarda serata. La premier, senza mai citare né Trump né Zelensky, aveva lanciato la proposta di un vertice tra Usa, «Stati europei» e altri alleati, per una sorta di chiarimento. «L’Occidente non si divida», il monito che porterà oggi a Londra, ribadendo le sue perplessità sull’invio di truppe europee in Ucraina, ritenute una garanzia insufficiente. Meloni spinge piuttosto per l’estensione a Kiev dell’articolo 5 della Nato, su cui però lo stesso Trump non ha sciolto le riserve.
In ogni caso, per Meloni prima serve parlarsi a fondo, poi decidere. Mentre Starmer e Macron sono per una rapida azione euro-britannica, che vede comunque fredda anche Berlino.
Insomma, il rischio è che l’unità sia solo di facciata. Anche se l’accoglienza di Londra a Zelensky è completamente diversa da quella ricevuta a Washington, con cittadini per strada ad applaudirlo e sostenerlo. Lo stesso Starmer ha mostrato tutt’altra cordialità, assicurando quel «sostegno finché sarà necessario» che rappresenta la posizione storica degli ultimi tre anni.
Ma le divisioni sono davvero dietro l’angolo. Sul passo successivo al vertice di Londra, ovvero il Consiglio Ue straordinario del 6 marzo, già è calata l’ombra di Orbán che chiede a Bruxelles di rinunciare a conclusioni scritte aprendo piuttosto canali diretti con Mosca e Putin. Lo pensa anche Salvini in Italia, che ieri non solo ha continuato a inneggiare a Trump, ma anche fatto “bombardare” dalla Lega la posizione «prudente» e più europeista da Forza Italia. Quanto possa reggere l’equilibrio in maggioranza sulla politica estera, è difficile da dire.
Certo il vertice di Londra è un altro passo di riavvicinamento tra Gran Bretagna ed Europa, un effetto diretto del trumpismo. La spesa in Difesa, oltre alle garanzie da offrire all’Ucraina, è ciò che riallinea Londra e Bruxelles. Nella City ci saranno Ucraina, Francia, Germania, Italia, Danimarca, Olanda, Norvegia, Polonia, Spagna, Finlandia, Svezia, Repubblica Ceca, Romania e, ultimo aggiuntosi, il Canada. Quello di Ottawa è un segnale, alla luce dei dazi che da lunedì Trump dovrebbe far partire contro i suoi confinanti al Nord. Ci saranno anche i vertici Nato e Ue. Con i Paesi Baltici, che avrebbero voluto partecipare, ci sarà un videoconfronto prima della plenaria, prevista alle 14.
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