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Socrate davanti al Var il calcio sfida la filosofia

Mauro Berruto mercoledì 28 giugno 2023
Mentre impazza il calciomercato e per squadre e calciatori attualmente in vacanza si sta avvicinando il momento dei ritiri precampionato, sul campo sta giocando la nostra nazionale Under 21, impegnata in Romania e Georgia nel campionato europeo di categoria, manifestazione già importante in sé, ma ancor di più perché assegnerà tre pass per i Giochi Olimpici di Parigi 2024. Insomma, un torneo prestigioso, storicamente capace di dare indicazioni sul futuro brillante di qualche giovane calciatore: per esempio Manuel Neuer, Andrea Pirlo, Xavi e Harry Kane contano, nel loro passato, la partecipazione alla competizione U21, da sempre considerata un momento decisivo nella carriera dei futuri top players. Il torneo è iniziato da poco, i giochi sono ancora tutti da fare, anzi, proprio stasera i nostri azzurrini giocheranno una partita decisiva contro la Norvegia che, in caso di vittoria, li qualificherebbe quasi certamente al quarto di finale. Nelle prime due giornate i nostri hanno perso con la Francia e vinto con la Svizzera, in entrambe le occasioni in modo rocambolesco. In questa manifestazione, infatti, in virtù di una decisione abbastanza clamorosa della Uefa, non è previsto l’utilizzo della tecnologia in supporto agli arbitri: l’arcinoto Var. Il destino ha voluto (forse nulla succede per caso) che nella sconfitta contro i transalpini i nostri ragazzi siano stati clamorosamente penalizzati, mentre nella vittoria contro la Svizzera altrettanto evidentemente favoriti dall’assenza della tecnologia. Così, come ormai per qualsiasi tema, il dibattito si è polarizzato: “Sì Var” contro “No Var”. È stato bizzarro, nel Paese dei cinquanta milioni di commissari tecnici, vedere opinionisti da salotto televisivo e da social media tempo fa insorti contro l’applicazione della tecnologia nel calcio che, a loro giudizio, avrebbe fatto perdere quella “magia” garantita dall’interpretazione (e dunque anche dell’errore) di un essere umano stracciarsi le vesti urlando allo scandalo e al “furto” subìto. Poi, quarantotto ore dopo, altrettanto bizzarro vedere gli stessi fischiettare di fronte al fatto che, se ci fosse stato il Var, probabilmente l’Italia non avrebbe vinto con la Svizzera, compromettendo di fatto il suo cammino verso le fasi finali e Parigi 2024. Di certo il senso dell’equilibrio nei giudizi sportivi (e non solo) non è mai stato un punto di forza del nostro Paese, ma questa volta ci siamo superati. Essere oggettivi ci risulta talmente tanto ostico da registrare – e verrebbe da dire giustificare – capovolte, salti carpiati e con avvitamento nei cambi di opinione. Qualche volta perfino un torneo calcistico, ci costringe a riflettere sull’importanza di un principio: non si può considerare “giusto” solo ciò che succede a nostro favore. Verrebbe da scomodare il pensiero socratico che ricorda che “nessuno compie il male volontariamente” e che “la virtù è conoscenza”. Socrate aveva cieca fiducia nella ragione. Secondo lui l’uomo, naturalmente incline alla felicità, l’avrebbe potuta raggiungere solo attraverso quel “bene” realizzabile mediante conoscenza e ragione. Il male, di conseguenza, era per il filosofo greco un’espressione di ignoranza e dunque involontario. Ma chissà se un Socrate appassionato sportivo avrebbe aggiunto che può anche essere espressione di malafede, effetto collaterale di un tifo calcistico che porta a chiudere gli occhi anche di fronte alla più evidente delle evidenze. © riproduzione riservata