Rubriche

La terra costa sempre più cara

Andrea Zaghi sabato 1 ottobre 2011
La terra costa sempre più cara. È un dato che deve far pensare e che è stato reso noto quasi contemporaneamente con un altro: il taglio netto di occupati. Insomma, le imprese agricole negli ultimi anni sono cresciute in termini di superficie unitaria, ma il loro numero è notevolmente diminuito e, adesso, sembra che anche la loro capacità di fornire occupazione sia stata drasticamente ridimensionata.
A ragionare sul valore della terra agricola è stata Confagricoltura che ha spiegato: dal 1992 al 2010 i prezzi al consumo sono aumentati del 58% mentre nello stesso periodo i prezzi dei terreni agricoli hanno toccato un livello di crescita del 60%. A crescere a dismisura sono state le quotazioni di un po' tutti i tipi di terreni. In particolare, negli ultimi dieci anni il prezzo della terra è aumentato del 22% in media, con il picco massimo (+28%) registrato dai vigneti, seguiti dai seminativi (+25%). Mentre i terreni a frutteto, oliveto e prato hanno incrementato i loro valori dal 7 al 10%. Certo, non tutte le aree agricole dello Stivale sono uguali. Nel Mezzogiorno, il prezzo non supera i 16mila euro per ettaro, mentre si sale a 20mila euro nelle aree di pianura del Centro Italia. Nel Nord si va oltre i 20mila euro, con un massimo di 44mila euro l'ettaro nella pianura del Nord Est. Ma rimane l'indicazione di fondo: il costo della terra è cresciuto in maniera imponente e ha provocato anche una divaricazione in termini di valore fra le diverse aree agricole del Paese. Ci sono quindi quelle più marginali, dove il mercato è stagnante e il prezzo della terra è contenuto, e quelle più fertili e dinamiche, dove le quotazioni sono trainate verso l'alto anche in assenza di fattori agricoli. Ci mettono del loro anche gli andamenti di mercato di alcune produzioni rispetto ad altre. Come accade per i vigneti. Così, per questa coltura,
si passa dai 30-50mila euro ad ettaro della Basilicata, ai 30- 45mila della Puglia, ai 600-700mila euro del Barolo, per arrivare a 1 milione di euro per un ettaro del raro Cartizze.
Il problema vero, però, è un altro. A soffrire di questa situazione sono i veri imprenditori agricoli che devono fare i conti con costi insostenibili per allargare le loro imprese. Anche perché la terra rimane il fattore di produzione agricola insostituibile.
E a farne le spese è anche l'occupazione. Per questo le organizzazioni agricole hanno lanciato l'allarme sugli ultimi dati Istat nel secondo trimestre dell'anno. L'agricoltura perde 40mila occupati e fa registrare con -4,6%, il calo più elevato nel numero di lavoratori, tra tutti i settori. La forte riduzione dei lavoratori – spiega Coldiretti – è il risultato della situazione di crisi di mercato che ha colpito alcune coltivazioni ad elevato impiego di manodopera come la frutta e la verdura, ma anche l'andamento stagionale primaverile sfavorevole che ha ostacolato il normale svolgimento delle semine. Insomma, fra clima, mercato e costi della terra, l'agricoltura stringe la cinghia per
andare avanti.