Opinioni

Il segno di Assisi e le "distrazioni". La scelta di Benedetto

Salvatore Mazza sabato 29 ottobre 2011
​C'erano tanti modi per celebrare il venticinquesimo anniversario del primo incontro di Assisi. E in quel vasto campo disteso tra folklore e sostanza, Benedetto XVI avrebbe potuto scegliere tra una vasta gamma di opzioni, tutte legittime, alcune certamente con un grande appeal anche mediatico. Ma è la persona che fa lo stile, e lo stile di Papa Ratzinger è quello che tutti abbiamo imparato a conoscere. E la sua scelta è sempre, puntualmente, quella più difficile. Quella che stupisce e sorprende. Che cambia la prospettiva.Assisi, in questo, non ha fatto eccezione. Nel celebrare il quarto di secolo trascorso da un evento che cambiò non solo la sostanza del dialogo tra le religioni ma il modo stesso di guardare a esse, Papa Ratzinger ha abbandonato quel campo di cui si diceva, pur così ampio, e ha lanciato una nuova sfida. Sfida che va ben al di là degli stessi contenuti, altissimi, che hanno dato spessore al convenire nella città di san Francesco delle delegazioni di tutte le religioni del mondo.C’è stata, in questo, la piena coerenza con un magistero esigente, che Benedetto XVI va sviluppando dall’inizio del suo pontificato. Ed ecco allora il coinvolgimento, per la prima volta, anche dei non credenti nella proposta di Assisi, quegli uomini di buona volontà che il Papa apprezza e, in diversi modi, ammira, per il loro porre profonde domande di senso sia all’indifferentismo religioso che agli stessi credenti. Ecco la proposta di «camminare insieme verso la verità» che, anche visivamente, diventa per il Papa il modo concreto di declinare gli impegni assunti, un pellegrinaggio attraverso la vita in cui si procede fianco a fianco. Ecco, ancora, il ribadire che questo percorso non ha bisogno di generare una marmellata di fedi diverse, ma anzi, al contrario, quanto più le donne e gli uomini impegnati saranno saldi e convinti nel loro credo, tanto più efficace sarà la forza che un simile dialogo potrà generare.In questo senso, Assisi 2011 ha tracciato una linea rossa del tutto inedita sull’orizzonte non solo, ancora una volta, dell’ecumenismo e del dialogo ma della stessa idea di quale sia il ruolo delle religioni in questo mondo che cambia. Benedetto XVI l’ha detto chiaramente quando ha sottolineato le differenze tra lo sfondo storico dell’86 – il mondo diviso in blocchi – e l’attuale, quasi strangolato tra la violenza di un terrorismo che spesso usa la religione per giustificarsi e una cultura che sempre più spinge la religione al margine, illudendosi così di poter estirpare la violenza. Una sfida insomma tanto più urgente in quanto, con tutta evidenza, è invece proprio nella capacità di dialogare delle religioni, tra loro e insieme agli "uomini di buona volontà", che oggi si radica la speranza di un futuro di pace.Una scelta determinata e irreversibile, che Benedetto XVI, sciogliendo l’incontro di Assisi, è stato capace di riassumere in due sole frasi: «Noi continueremo a incontrarci», e «noi continueremo uniti in questo viaggio». Una nuova profezia che, mentre raccoglie la stessa provocazione di quella di Papa Wojtyla, la rilancia nella storia di un oggi molto diverso da allora e, forse, ancora più difficile. Ed è davvero un peccato che tutto questo sia stato quasi completamente ignorato dai media e, quando non ignorato, valutato alla stregua di un’occasione mancata o di un fallimento. Nessun problema. Papa Ratzinger s’è già dovuto misurare con forzature e sottovalutazioni, poco importa se frutto di preconcetti o semplici distrazioni. Il tempo gli ha dato comunque ragione. È sempre accaduto così. E accadrà anche questa volta.