EconomiaCivile

Pubblicità civile . Stop alla pornografia del dolore

Paolo Iabichino mercoledì 7 dicembre 2022

La notizia è di quelle che aspettavo da un po’ e che potrebbe finalmente aiutare a eliminare le pubblicità televisive che fanno largo uso di una certa pornografia del dolore per promuovere raccolte fondi a favore di alcune organizzazioni umanitarie, peraltro sempre quelle. Nel mondo del fundraising il dibattito è aperto da tempo, il marketing del non profit a volte sa essere spietato tanto quanto quello profit ed è solito impiegare le immagini di malattia e denutrizione provenienti dai paesi più poveri dell’Africa, dove le vittime sono minori a favore di telecamera che servono a commuovere chi è davanti alla tv e con «un caffè al giorno» può tacitare la propria coscienza e tornare a fare zapping. L’ultima parola potrebbe arrivare da una commissione delle Nazioni Unite presieduta da Catherine Namakula che durante l’ultima assemblea Onu ha presentato i risultati di una task force incaricata di abbattere gli stereotipi negativi sull’infanzia africana e nel cui mirino sono finite inevitabilmente anche le strumentalizzazioni pubblicitarie. Certo a fin di bene, ma nell’articolo della rivista Nigrizia si riportano le parole del rapporto che ha criticato l’uso massiccio di fotografie con bambini africani “magri, affamati e malati” solo per avere più risorse per le campagne delle Ong. « I bambini di origine africana non sono affatto considerati bambini», così stigmatizza la task force in una relazione che ha esortato le Nazioni Unite e altre parti interessate a smettere di utilizzare immagini di bambini africani e afrodiscendenti in «circostanze poco dignitose, per scopi di marketing e per la raccolta di fondi».

C’è una stereotipizzazione della povertà che arriva da lontano e che viene messa sotto i riflettori della pubblicità per invitare alle donazioni, attraverso una retorica del dolore che usa un preciso codice narrativo: gli sguardi, i primi piani, la testimonianza in lacrime, la voce fuori campo con pause, respiri e pianoforte al seguito che spinge verso il climax del codino finale con i numeri del conto corrente e l’invito a prendere il telefono per una donazione. Si chiama Direct Response TV, arriva dall’America, il Paese che si è inventato le tecniche di marketing più spinto. Ed è lo stesso Paese che ha importato in tutto il mondo le prime forme di schiavismo. Ed è proprio qui che la notizia riportata da Nigrizia sottolinea quanto espresso dalla Presidente Namakula di fronte all’Assemblea Onu solo qualche settimana fa: « L’eredità irrisolta del commercio e del traffico di schiavi africani, del colonialismo, dell’apartheid postcoloniale e della segregazione, continua a danneggiare i bambini di origine africana in tutti i settori della vita». Ivi compresa, la pubblicità.