Attualità

Roma. Sesso, il ministero indaga a scuola

Luciano Moia giovedì 6 luglio 2017

Parlare di sessualità agli adolescenti è un impegno a cui nessun educatore dovrebbe sottrarsi. Il problema è farlo in modo corretto, sereno ed equilibrato. Tanto più nel clima in cui siamo immersi dove la banalizzazione dei temi, l’erotizzazione del linguaggio e l’ambiguità delle situazioni ha di fatto perdere alle maggior parte dei ragazzi il senso profondo non solo della sessualità. Dovrebbe quindi essere salutata con favore un’iniziativa come quella avviata dal Ministero della Salute e da quello dell’Istruzione che hanno varato uno 'Studio nazionale sulla fertilità' con l’obiettivo di indagare le conoscenze dei giovani su salute sessuale e riproduttiva. Il condizionale si impone perché, se è positivo l’intento di inquadrare il problema sulla base di dati statistici certi e di informazioni aggiornate, le modalità scelte giustificano qualche perplessità.

A cominciare dalla scelta di raccogliere queste informazioni con un questionario che sarà distribuito a partire da settembre in alcune migliaia di istituti. Peccato che nel questionario si mettano sullo stesso piano di rischio malattie infettive e gravidanza, si ricorra in alcun passaggi a un linguaggio di inaccettabile volgarità e, soprattutto, si inserisca nell’elenco di contraccettivi anche la 'pillola del giorno dopo', un farmaco discusso, ma dalle indubbie proprietà abortive (vedi box). Il questionario dovrà essere compilato in classe sotto la supervisione di un insegnante che non potrà intervenire nel merito delle risposte ma solo vigilare sulla comprensione delle domande e sulla correttezza formale dell’operazione. Ma può essere asettica e 'notarile' l’assistenza di un educatore adulto quando ai ragazzi viene chiesto di svelare momenti tanti intimi della propria vita di relazione? Quando si chiede, in classe, a ragazzi adolescenti, di segnare con una crocetta se «hai mai avuto rapporti sessuali?». «Sì, completi (rapporto con penetrazione)». «Sì, incompleti (accarezzarsi, toccarsi, baciarsi)»...? Prevedibili le giustificazioni dei compilatori. Diranno che oggi gli adolescenti vedono e sentono di tutto.

E che sul sesso non hanno da imparare nulla. Anzi, che è positivo il fatto di offrire loro la possibilità di esprimersi senza riserve e senza valutazioni morali. Infatti sul frontespizio del questionario c’è scritto con chiarezza che «non c’è da parte dei promotori dell’indagine nessuna intenzione e nessun interesse a dare giudizi». Inoltre, trattandosi di minorenni, dovrà essere chiesto il parere ai genitori. Ma, è stato spiegato, mamma e papà potranno solo esprimere un dissenso successivo alla compilazione delle domande, non preventivo. E si tratta di un’altra incongruenza. Difficilmente la scuola potrà essere efficace laddove ai genitori viene tolta la possibilità di essere i primi educatori dei lo- ro figli, soprattutto in un ambito decisivo per la formazione integrale della persona com’è appunto quello della sessualità. Riserve che, come detto, non mettono in dubbio gli obiettivi dell’iniziativa, del tutto condivisibili perché sullo sfondo c’è, evidentemente, l’allarme detanatalità. Lo studio riporta dati ben conosciuti sull’invecchiamento della popolazione e sulla tendenza a far sempre meno figli.

Tra le cause, al di là degli aspetti fiscali, economici e culturali, si mettono in luce soprattutto quelli sanitari, legati cioè alla preoccupazione per un abbassamento degli indici di fertilità determinati dall’inquinamento, dall’alimentazione e dagli stili di vita di cui i comportamenti sessuali sono l’aspetto più importante e più delicato. Ma l’approccio scelto dai due ministeri per la messa a punto del questionario alimenta il dubbio che la sessualità può essere intesa in un’ottica meccanicistica e funzionale, senza troppe preoccupazioni educative. Anzi, con l’intento di farsi comprendere senza alcuna possibilità di equivoci, i compilatori hanno scelto di abbassare l’asticella di quello che una volta si sarebbe chiamato il senso del pudore. Dopo aver chiesto ai ragazzi informazioni sul numero dei loro rapporti sessuali – addirittura quanti «rapporti completi negli ultimi tre mesi» e con quante persone – si indaga sui metodi contraccettivi impiegati.

Nell’elenco figura anche il coito interrotto ma, immaginando che per gli adolescenti il concetto non sia ben chiaro, si scrive testualmente tra parentesi – e noi lo riportiamo con un po’ di imbarazzo, scusandoci con i lettori – («venire fuori, retromarcia»). Una caduta a precipizio non solo nel cattivo gusto ma anche rispetto all’impegno educativo, che finisce con lo svilire la bellezza e il mistero della sessualità. Tanto più perché arriva da istituzioni (ministeri e scuola) che dovrebbero risultare autorevoli e credibili.